Non so come funzioni a casa vostra, ma qui siamo tornati alla solita vita da dieci giorni, e ancora non ci siamo abituati. Sembra che due settimane di vacanze natalizie abbiano lasciato un solco nella nostra produttività più profondo dei tre mesi estivi. Laddove a settembre si ha quasi voglia di ricominciare, a gennaio il corpo e la mente implorano pietà. La spiegazione mi sembra lampante: due settimane non bastano. Ti abitui appena al riposo che già lo devi abbandonare.
Una volta finite le grandi manovre del risveglio, si inizia la giornata con le lacrime agli occhi, in pratica: accompagnare a scuola, andare a lavorare, tornare, riprendere prole a scuola, tornare, accompagnare al corso di ginnastica, doccia, cena, sfinimento e letto. Sveglia.
La cosa crudele è che alle comodità ci si abitua subito, ai ritmi noiosi e ripetitivi mai. In compenso, gli eventuali rapporti conflittuali genitori/figli perdono di intensità: chi ha voglia di litigare, se alle 17 è già buio e non si può nemmeno dire: "Basta, esco!", se fuori ci sono 2° e un'aria da neve?
A proposito, il freddo. A lamentarsi del caldo di luglio e agosto sono quelle persone che balzano giù dal letto perfettamente attive, lo so. Poi, la sveglia: è meraviglioso che sveglie (e sveglie dei telefoni cellulari) possano essere al giorno d'oggi rimandate di cinque minuti in cinque minuti. Quando ero giovane questa meravigliosa magia non poteva avvenire. Quindi, da una stanza all'altra di casa nostra risuonano delicate melodie, rimbalzando di comodino in comodino: il mio cellulare che suona con cadenza regolare, la sveglia a forma di coniglio verde di mia figlia che riparte ogni dieci minuti, ignorata con la purezza della gioventù.
Penso che la soluzione sia di una semplicità disarmante: dobbiamo allungare le vacanze natalizie. Di almeno altre due settimane. Anzi, arriviamo alla Candelora. Così noi ci saremo riposati, e i nostri figli avranno voglia di tornare a scuola perché non ci sopportano più. Salviamo le famiglie: mandiamole in letargo invernale.