"Chi si fa i fatti propri campa cent'anni": era scritto su un muro davanti al quale passavo ogni giorno quando andavo al liceo. In realtà non c'era scritto "fatti", ma non importa. La me di sedici anni sapeva che lì era racchiuso il senso dell'esistenza.
Siamo fuori scuola ad aspettare i pargoli. Magari fa caldo, abbiamo vestiti leggeri. Un'altra mamma ci guarda con fare intenerito e accenna al nostro delizioso pancino: "C'è qualche novità?" No, è birra (o carbonara, o bomboloni, la risposta può variare). Cosa spinge le persone a perdere lucidità, controllo ed educazione davanti a una possibile gravidanza? E, soprattutto, perché la nostra panza deve essere sempre sottoposta a scrutinio?
La verità è che non si fa in tempo a partorire il primo che già iniziano le domande sul secondo, le teorie riguardanti la presenza di fratelli, i benefici del non avere figli unici. Quindi, un po' di ritenzione idrica in più ed è finita. La tentazione di attirare l'attenzione sul sedere di chi ha commentato la nostra pancia è grande ma noi, si sa, siamo signore. Quindi preferiamo rispondere che no, ci siamo solo scofanate ogni ben di Dio nelle ultime settimane.
La cosa si fa ancora più imbarazzante quando di figli ne abbiamo già due o tre, e lo sguardo diventa un "NOOOOOOO, non dirmi che sei incinta di nuovo?". Niente, non si sfugge alle madri fuori scuola. E dico "madri" perché sembra che il fatto di condividere lo stesso sesso debba necessariamente far supporre una confidenza che nessuno ha concesso.
Il consiglio del giorno, quindi, è quello scritto sul muro del condominio lungo la tratta dell'autobus 4: facciamoci gli affari nostri, vivremo a lungo e verosimilmente senza rischiare una testata sul naso.