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14 Maggio 2023
10:00

«Sei una mamma, ma…». La maternità non deve essere un gioco ad esclusione

La mamma stacanovista non piace: è fredda e assente. La mamma casalinga è una privilegiata senza ambizioni. La mamma che esce con le amiche è superficiale. La mamma che non esce più da quando ha un figlio è noiosa e ossessionata dalla famiglia. Qualunque siano le scelte di vita, dietro alla parola “mamma” si nasconde sempre un “ma”.

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«Sei una mamma, ma…». La maternità non deve essere un gioco ad esclusione
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«Sei una mamma, ma…». Rassegniamoci. Quella congiunzione avversativa non la riusciamo ad estirpare dalle frasi pronunciate a sproposito. Sia che si tratti di una chiacchierata informale al supermercato con una conoscente impicciona che (fortunatamente) non incontravamo da mesi, sia che sia un colloquio di lavoro, sia che ci vengano riferite da chi le ha sentite proferire da terzi sul nostro conto. Prima o tardi, quelle frasi saltano fuori. «Sei mamma, ma lavori e dedichi poco tempo ai tuoi figli». «Sei mamma, ma non lavori, non sei ambiziosa, sei una privilegiata e una mantenuta». «Sei una mamma divorziata, ma esci con nuove persone senza garantire una stabilità a tuo figlio». «Sei una mamma sposata, ma non ti svaghi mai, non hai vita sociale, sei noiosa, sei ossessionata dalla casa e dalla famiglia». «Sei una mamma, ma lasci i figli dai nonni o alla babysitter per uscire con le amiche». Arriverà il giorno in cui la società non si arrogherà il diritto di giudicare le scelte di vita di una mamma? Forse. Oggi, purtroppo, non è quel giorno.

Due pesi e due misure. Il “codice della genitorialità” cambia a seconda di chi sia sotto la lente d’ingrandimento, se lei, la madre, o lui, il padre. Lei, che è snaturata se si concentra sulla carriera e non dedica le sue giornate ai figli (come se la quantità valesse più della qualità e se esistesse un monte ore quotidiano da trascorrere con loro per vincere un premio morale e non essere additata come «sbagliata»), e lui, che se si intrattiene un’ora in più a lavoro è un instancabile lavoratore, che s’impegna per mantenere la famiglia e portare la pagnotta in tavola. Lei, che è una mantenuta se chiede un part-time o se rimane a casa per dedicarsi ai figli, e lui, che è un «superpapà» se accompagna i piccoli a scuola e alla lezione di calcio, se li veste e prepara loro la colazione al mattino. Lei, che è scapestrata se si concede qualche serata con le amiche lasciando i figli ai nonni o alla tata, e lui, che «dopotutto, è sempre un uomo» se affida alla madre i pargoli per godersi la partita di Serie A in birreria con i colleghi. Lei, che se parte periodicamente per un viaggio di lavoro potrebbe essere criticata perché «ha messo al mondo dei figli e non è mai a casa», e lui, che se è in una capitale europea per partecipare a un convegno è un ammirevole uomo d’affari.

In sostanza, qualsiasi siano le scelte di vita di una mamma, la gente potrebbe trovare qualcosa da contestare, questionare, puntualizzare, commentare. È il fantomatico giudizio non richiesto, che banalizza le decisioni personali, catalogandole come frutto di egoismo, quando magari, dietro, si nascondono un uragano di emozioni e un’intricata selva di validi “perché”. Comunque vada, qualunque sia stata la strada che hai imboccato, qualsiasi sia la tua storia, troveranno un motivo per cui sei «sbagliata».

Sei una mamma, ma lavori? No, sei una mamma e lavori

Il lavoro non è una garanzia in Italia, ancor di più se al tuo profilo si aggiungono due “aggravanti”: sei donna e sei mamma. Nel nostro Paese abbiamo un problema di quote rosa a lavoro: sono drammaticamente poche, se rapportate al numero di uomini dietro la scrivania. E quando si tratta di donne con figli, la percentuale di impiego cala ulteriormente. Nel 2022, ad essere attive nel mondo professionale erano 67 donne senza figli su 100 (contro il 76,1% di uomini senza figli) e 59,1 mamme su 100 (contro, addirittura, il 90,1% dei papà). In pratica, se sei padre, è quasi impensabile immaginarti senza un mestiere, mentre se sei mamma, è un terno al lotto, è poco più di un 50 e 50.

A spingere una donna ad abbandonare la carriera o a ridursi l’orario di lavoro quando diventa mamma sono, nel più dei casi, le difficoltà che incontra nella conciliazione lavoro-famiglia. Senza un numero di posti nido adeguato, senza i nonni perennemente a disposizione, senza la flessibilità lavorativa, senza congedi adeguati, senza una politica che punti sulla parità di genere fuori e dentro casa, le mamme continueranno a soccombere a un sistema che le obbliga a rinunciare a qualcosa. Al lavoro, come all’ora d’aria in palestra o all’uscita di svago con le amiche.

È la qualità del tempo trascorso insieme che consolida il rapporto, non la quantità

Le ore di lavoro tolgono del tempo ai figli, ma, se si tratta di un lavoro che si svolge con passione, quelle ore sono qualcosa che dobbiamo a noi stesse. Anche perché il tempo da dedicare ai piccoli non va misurato con il cronometro. È la qualità del tempo trascorso insieme che consolida il rapporto, non la quantità.

In più, non è scontato che la scelta di lavorare sia realmente una scelta: magari, è una necessità. Anzi, oggigiorno, è un'urgenza, visto il costo crescente della vita.

È inutile girarci intorno. La mamma stacanovista non piace. La narrazione comune la cataloga come una mamma robot, insensibile, fredda, assente e, di conseguenza, una “cattiva mamma”. E ce lo testimonia l’esistenza di quella orripilante parola che è stata coniata per designare le figure maschili che si occupano della casa o dei figli in loro assenza: «mammo». Non si chiama mammo, si chiama papà e ha una voce tutta sua sul dizionario.

Sei una mamma, ma sei una casalinga? No, sei una mamma e sei una casalinga

È vero, in Italia le pulizie di casa, la preparazione dei pasti e la gestione dei figli continuano ad essere appannaggio femminile: come riporta Save The Children, le donne lavoratrici contribuiscono alle attività di cura con 2,8 ore in più al giorno rispetto agli uomini, un divario che sale a 4,2 quando ci sono bambini in casa. Tuttavia, è vero anche che le mamme casalinghe sono diventate bersaglio di critiche feroci. La loro scelta viene giudicata senza che magari sia chiesto loro il motivo. Eppure, le mamme che scelgono e vogliono non lavorare per rimanere a casa coi figli esistono, e non vanno giudicate, allo stesso modo di chi decide di dedicarsi alla carriera. Una mamma lavoratrice non è automaticamente più intelligente, più scaltra, più brava, più stanca, o in qualche modo superiore a una mamma casalinga. Una scelta, indipendentemente da quella che sia, comporta delle rinunce, dei sacrifici, dei vantaggi e degli svantaggi.

Sei una mamma, ma ti diverti con le amiche? No, sei una mamma e ti diverti con le amiche

Lo svago è sottovalutato. Il benessere mentale pure. Siamo schiavi di una mentalità che ci impone di essere automi, mamme perfette, dedite ai figli, spigliate nel lavoro e nelle faccende di vita quotidiana. In generale, genitori che corrono, che incastrano la doccia in quel brandello di tempo che separa l’accompagnare il piccolo all’asilo dalla timbratura del badge a lavoro. «Ti serve una pausa» hanno perfino il coraggio di suggerirci, notando le occhiaie che contornano gli occhi.

Essere mamma deve essere un "in più", non un "in meno"

Non è vero che se affidiamo nostro figlio alla baby sitter o ai nonni per andare dalla parrucchiera, allenarci o prenderci del tempo per noi stesse, siamo delle cattive madri. Uscire a cena o per un drink con le amiche, andare in palestra, seguire un corso di inglese non è un dettaglio a cui dobbiamo rinunciare, né un vizio, né un lusso. È un nostro diritto. Perché l’avere un figlio non equivale a non essere (più) donne, mogli, compagne, sportive o a non avere (più) un hobby. Essere mamme deve essere un “in più”, e non un “in meno”.

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Sei una mamma, ma non ti va di uscire? No, sei una mamma e non ti va di uscire

«Da quando sei mamma, non hai più vita sociale». «Sei diventata noiosa». «Parli solo dei tuoi figli, dell’influenza e del virus intestinale, della carrozzina di quella marca e dei progressi del bambino». Per loro – amici, colleghi, ex compagni di feste e bagordi – ti sei impoltronita. E sùbito germoglia in noi quel senso di colpa che ci rattrista.

Se non ci va di uscire, va bene. Se abbiamo messo su qualche kg di troppo, va bene. Se non abbiamo voglia di mangiare quella pizza il sabato sera, di andare a quella rimpatriata, di rispondere al fiume di note vocale sui gruppi Whatsapp, è ok. Siamo noi le padrone delle nostre vite, e di conseguenza è giusto spendere il nostro tempo libero – che probabilmente è già poco – come vogliamo. Anche perché, per i pensieri logoranti e le scocciature, ci pensa già la vita quotidiana.

La mamma stacanovista è malata di lavoro, è fredda con i figli e assente da casa. La mamma casalinga è una privilegiata, una nullafacente senza ambizioni. La mamma che si diverte con le amiche è superficiale: come osa affidare i figli al partner o alla tata per dell’inutile svago? La mamma che non esce più da quando ha un figlio è una sfigata ossessionata dalla famiglia. Qualunque siano le scelte di vita, dietro alla parola “mamma” si nasconde sempre un “ma”.

Per la Festa della Mamma, più che i fiori, abbassiamo il dito e regaliamo leggerezza. Sostituiamo quei “ma” con delle “e”: essere mamma non è un gioco ad esclusione. È un viaggio che non toglie, aggiunge.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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