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11 Settembre 2023
18:00

Sempre più persone pensano che il calendario scolastico vada svecchiato. «Le vacanze accentuano le disuguaglianze»

Sono sempre di più le voci che si levano a sostegno dell’accorciamento delle vacanze estive. La lunga pausa dalla scuola pesa sulle famiglie, costrette a pagare campi estivi e baby-sitter da giugno a settembre.

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Sempre più persone pensano che il calendario scolastico vada svecchiato. «Le vacanze accentuano le disuguaglianze»
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La pausa estiva della scuola è eccessivamente lunga? Si torna a discutere del calendario scolastico, dopo che il blog “Mammadimerda” ha lanciato con l’onlus “WeWorld” una petizione per rimodularlo. Non si tratta di una richiesta nuova: sono tanti i genitori convinti che il calendario scolastico sia vecchio e richieda un ammodernamento alla luce delle disuguaglianze sociali e delle esigenze delle famiglie di oggi, diverse da quelle dell’Ottocento, quando furono introdotti i mesi di vacanza in estate. Una questione, quella della lunghezza della pausa scolastica in Italia, recentemente sollevata anche dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che in un’intervista di fine luglio aveva proposto di tenere le scuole aperte d’estate su base volontaria, incontrando il “no” della Cgil. In realtà, sulle vacanze estive e sullo stop alle lezioni si interrogano da decenni gli studiosi, che hanno coniato un’espressione apposita per descrivere la perdita di apprendimento degli studenti durante l’estate: «summer learning loss».

La pausa estiva: in Italia e in Europa

In Italia le vacanze scolastiche estive durano quattordici settimane. Si tratta di un record in Europa, eguagliato solo da Lettonia e Malta. A riportarlo è la rete europea di informazione sull’istruzione (Eurydice), che precisa che in Danimarca la pausa estiva dura al massimo sei settimane, mentre in Italia, in Lettonia e a Malta circa tredici settimane.

La petizione per ridurre le vacanze

Il calendario scolastico è al centro di polemiche da anni. C’è chi chiede di ridurre i giorni di vacanze estive e chi, al contrario, propone di ricominciare la scuola a ottobre, come accadeva fino al 1976. Il blog “Mammadimerda”, insieme alla Ong “WeWorld”, ha lanciato una petizione per esortare le istituzioni a rimodulare i giorni di vacanza e i giorni di scuola durante l’anno. L’appello trova, tra le sue motivazione, l’esigenza di rispondere alle esigenze delle famiglie di oggi, in cui generalmente entrambi i genitori lavorano e sono fuori casa durante la giornata, e di appianare le disuguaglianze sociali. Perché se, da un lato, le famiglie agiate godono della disponibilità economica necessaria per iscrivere i figli a campus estivi e attività extrascolastiche e/o per pagare tate e babysitter, dall’altro i nuclei familiari medio-bassi hanno più difficoltà a gestire i figli quando lavorano, specie se non hanno nonni o parenti disponibili a tenere i piccoli gratuitamente.

«La chiusura così prolungata accentua le disuguaglianze sociali – ha dichiarato in un video trasmesso in rete Francesca Fiore di “Mammadimerda” – perché è chiaro che i figli della classe più agiata durante la chiusura estiva frequenteranno campi estivi, faranno viaggi di formazione, saranno affiancati da tutor, mentre i bambini e le bambine della classe meno abbiente verranno parcheggiati a casa davanti alla tv o in strada».

«Chiediamo che le scuole restino aperte a giugno – ha continuato – e a luglio con un’offerta formativa del terzo settore, con un ripensamento della didattica, che non può più essere statica e frontale, e con un ripensamento dei luoghi dove fare scuola e dell’edilizia scolastica, dato che solo cinque edifici su dieci presentano un certificato di agibilità».

La proposta di Valditara

Il tema della rimodulazione del calendario scolastico era stato sfiorato dal ministro Valditara lo scorso luglio, quando in un’intervista rilasciata a La Stampa aveva lanciato l’idea di tenere le scuole aperte anche d’estate su base volontaria per «le famiglie di lavoratori che ne fanno richiesta, perché sì, il problema c’è e non è certo un problema secondario».

I tre lunghi mesi di vacanza sono, secondo le dichiarazioni del ministro, un ostacolo per quei genitori che devono lavorare e non sanno dove lasciare i figli tra giugno e inizio settembre. Un nodo che, tuttavia, Valditara risolverebbe non con un taglio delle vacanze, ma con il prolungamento dell’apertura delle scuole per corsi di orientamento, di potenziamento, di sport. Una soluzione che esiste già in alcune scuole in Italia, anche se l’apertura non si dilunga per più di qualche settimana oltre la fine della scuola, lasciando comunque scoperti i genitori per il resto dell’estate.

La proposta di Valditara fino ad oggi non si è tradotta in un progetto concreto e, tra l’altro, è stata contestata da Maurizio Landini, segretario della Cgil, il quale, incalzato dalla stampa, ha commentato: «Non si può andare avanti a spot come fa il Governo. […] Mi auguro che questo non sia un modo per dire che i professori fanno troppe ferie. Il ministro confonde il dopo scuola con i campi estivi».

Non è la prima volta che una voce politica solleva dei dubbi sulla durata delle vacanze estive. È già accaduto con Francesco Rutelli e Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione, che avevano suggerito di ridurre la pausa estiva a 12 settimane, senza successo. Dopo di loro, l’ipotesi di accorciare le vacanze estive, puntualmente accantonata, era stata avanzata nel 2013 dal governo Monti e nel 2015 dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, senza mai trovare seguito.

Cos’è la summer learning loss

Sulla lunghezza della pausa estiva e sulle sue conseguenze sugli studenti si sono interrogati perfino gli studiosi, che hanno coniato l’espressione «summer learning loss» per indicare la perdita durante la pausa estiva delle competenze e conoscenze acquisite nel corso dell’anno scolastico. Si tratta di un fenomeno particolarmente studiato negli Stati Uniti, tanto che è stato pubblicato uno studio che ha integrato quasi quaranta ricerche precedenti sui risultati ottenuti dagli alunni in una sere di prove svolte una prima volta in primavera e una seconda volta al rientro dalle vacanze estive. La ricerca ha confermato una regressione scolastica negli studenti durante l’estate, specialmente in matematica, su cui influisce in buona parte il fattore socioeconomico.

I contro della riduzione delle vacanze

Ma l’idea di limitare la pausa estiva non piace a tutti. C’è chi infatti sostiene che ridurre i giorni di vacanza sia sbagliato per le alte temperature raggiunte in Italia nei mesi più caldi, specie nel Mezzogiorno. Secondo gli scettici delle ferie accorciate, andare a scuola con i 30° o 40° gradi di luglio e agosto è un affronto agli studenti e una scelta che penalizzerebbe in particolare gli alunni del Sud.

Anzi, alcuni vorrebbero che le scuole iniziassero il primo di ottobre, che è accaduto fino agli anni Settanta. Sono i cosiddetti nostalgici dei “remigini”, coloro che fino al 1976 riprendevano la scuola il primo di ottobre, giorno di san Remigio.

Tra i “contro” delle vacanze corte è inclusa anche la crisi climatica. Hanno creato polemica le recenti parole del giornalista Giuseppe De Tomaso, che ha sottolineato l’urgenza di tardare il rientro a scuole alla luce del cambiamento climatico: «Ora che il cambiamento climatico sta modificando abitudini personali e criteri produttivi – ha scritto in un articolo su La Repubblica – sarebbe opportuno riaprire la questione del calendario scolastico per chiedersi innanzitutto se è sostenibile, sotto tutti i punti di vista, specie nel Mezzogiorno, riprendere a frequentare le classi a settembre con temperature quasi sempre al di sopra dei 30 gradi».

Anche per Vittorio Sgarbi l’apertura delle scuole andrebbe ritardata. Al posto del cambiamento climatico, il critico d’arte avanza come motivazione i benefici che il settore turistico trarrebbe dalle vacanze estive più lunghe. Posticipando il ritorno sui banchi «si allungherebbe la stagione turistica con grande beneficio per le imprese del settore ricettivo, – ha dichiarato Sgarbi – mentre i giovani non sarebbero costretti a entrare nelle aule quando potrebbero invece conoscere la propria Nazione».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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