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15 Febbraio 2024
16:30

Sì a «genitore 1» e «genitore 2» sulla carta d’identità dei minori: la Corte d’Appello boccia il decreto Salvini

Secondo quanto riporta Famiglie Arcobaleno, la Corte d'Appello di Roma «condanna il Ministero dell'Interno ad applicare la dicitura “genitori”», e non più "padre" e "madre", nelle carte d'identità dei minori. La sentenza nasce dal ricorso di una coppia omogenitoriale che si era opposta al "decreto Salvini" del 2019.

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Sì a «genitore 1» e «genitore 2» sulla carta d’identità dei minori: la Corte d’Appello boccia il decreto Salvini
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Sulle carte d’identità elettroniche dei minori va applicata la dicitura “genitore 1” e “genitore 2”, e non “padre” e “madre” come aveva stabilito nel 2019 un decreto del Ministero dell’Interno, che all’epoca era sotto la guida di Matteo Salvini. Ad annunciarlo è l’associazione Famiglie Arcobaleno, precisando che «la Corte d’Appello di Roma smentisce il Ministero dell’Interno e lo condanna ad applicare la dicitura “genitori” o altra dicitura che corrisponda al genere del genitore sulle carte d’identità elettroniche rilasciate a persone minorenni».

La Corte – continua l’associazione che tutela l’omogenitorialità in Italia – ha ribadito che «sulla carta d'identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile».

Era il 31 gennaio 2019 quando Matteo Salvini, all’epoca Ministro dell’Interno, firmava il provvedimento con cui il termine “genitore” sulla carta d’identità dei minori veniva sostituito dai più tradizionali “padre” e “madre”, modificando la norma del 23 dicembre 2015 che aveva introdotto la più inclusiva dicitura “genitore”.

In sostanza, con il “decreto Salvini” sulle carte d’identità elettroniche rilasciate ai minorenni nei campi contenenti i nomi e cognomi di chi esercitava la responsabilità genitoriale compariva – e compare tutt’oggi – “padre e madre”, anziché “genitori”, anche nei casi di famiglie composte da due mamme o da due papà. Di conseguenza, migliaia di mamme e papà di famiglie omogenitoriali, legalmente riconosciuti come genitori per legge o per sentenze di adozione (in casi particolari), si erano ritrovati il proprio nominativo femminile sotto la dicitura “padre” della carta d’identità del figlio o, nel caso dei padri, il proprio nominativo maschile nel campo “madre”.

Una coppia di mamme si era allora rivolta al TAR del Lazio e, più tardi, al Tribunale di Roma esigendo l’emissione di un documento d’identità che rispecchiasse la reale composizione della loro famiglia, come ricordato da Famiglie Arcobaleno. Già in primo grado il Tribunale di Roma aveva accolto la richiesta delle mamme.

Oggi la Corte d’Appello ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma, condannando il Ministero al pagamento delle spese processuali.

«Se nei registri è indicato che è figlio/figlia di due madri, una delle quali lo ha adottato, allora i "modelli ministeriali" devono rispettare quella indicazione e sulla carta d'identità devono essere indicate due madri (o eventualmente due padri) – hanno dichiarato l’avvocata Susanna Lollini e l’avvocato Mario Di Carlo che hanno difeso le due mamme – . Noi lo abbiamo sempre pensato, il Tribunale ci aveva dato ragione, adesso la Corte d'Appello lo ha confermato, non possiamo che essere felici».

Sull’argomento è intervenuta Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno. «Io stessa sono riportata come “padre” sul documento di mio figlio, con tutto ciò che comporta ad esempio nel caso di un viaggio all’estero – ha commentato Crocini –. Che un paese civile come l’Italia emetta, attraverso il Ministero dell’Interno, carte d’identità che riportano dati falsi è semplicemente imbarazzante. Speriamo che il Governo intervenga subito riportando la dicitura che da sempre accompagna i documenti dei minori: genitori o chi ne fa le veci».

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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