Andando alla ricerca di possibili cause per l'infertilità maschile o di strani dolori e bruciori localizzati nell’area genitale, può succedere che il medico ci consigli di sottoporci ad una spermiocoltura. Si tratta di un un esame specifico e non invasivo che valuta lo stato di salute dell’apparato riproduttivo maschile tramite l’analisi di un campione di liquido seminale.
Il test serve infatti per scovare eventuali batteri o microrganismi nocivi presenti nello sperma, in modo da poter curare (o prevenire) infezioni alle vie urinarie e, eventualmente, ricercare le cause dietro le difficoltà di procreazione. Per ottenere un esito accurato però, la spermiocoltura richiede una preparazione certosina che è bene conoscere ed osservare.
Cos'è la spermiocoltura e a cosa serve
La spermiocoltura è un esame di laboratorio che indaga la salute del liquido seminale, ossia il fluido secreto dalla prostata durante l’eiaculazione e che contiene gli spermatozoi. Scopo di questo test è infatti la ricerca di eventuali batteri o microrganismi patogeni in grado di scatenare infezioni negli organi genitali del maschio o comprometterne la fertilità.
Il nome dell’esame è dato dal fatto che dopo la raccolta del campione, lo sperma viene collocato nei cosiddetti in terreni di coltura, ossia piastrine arricchite con nutrienti specifici per favorire la proliferazione di determinati microrganismi e “stanarli”al microscopio. Così facendo, se in un determinato terreno di coltura compare una piccola colonia di microbi, significa che lo sperma in esame contiene proprio quel tipo di germe o batterio.
In particolare, la spermiocoltura è utile per diagnosticare la presenza di agenti patogeni come:
- Chlamydia trachomatis, il batterio che provoca l’infezione comunemente nota come clamidia.
- Gonococchi, che scatenano la gonorrea.
- Papilloma Virus, virus di una delle infezioni sessualmente trasmissibili più comuni del mondo
Qual è la differenza tra spermiogramma e spermiocoltura?
Poiché entrambi gli esami si concentrano sul rilevamento e lo studio del liquido seminale, spesso spermiocoltura e spermiogramma vengono confusi tra loro, anche se si tratta di due procedure molto diverse sia per finalità che per modalità d’analisi.
Infatti, mentre la spermiocoltura prevede l’utilizzo di terreni di coltura per individuare la presenza di microrganismi dannosi, lo spermiogramma si concentra sull’osservazione dello sperma per valutarne caratteristiche come la viscosità del liquido, il numero di spermatozoi presenti, nonché la loro forma e mobilità.
Dunque, mentre lo spermiogramma serve prettamente per valutare le possibili cause d’infertilità di una persona, la spermiocoltura entra in gioco anche quando occorre individuare la causa di infezioni o dolori riguardanti l’apparato riproduttivo maschile.
Quando fare la spermiocoltura
Come già accennato, i motivi per ricorrere alla spermiocoltura sono diversi. Oltre ad indagare le possibili cause dietro la difficoltà a concepire, infatti, l’esame viene prescritto quando l’uomo accusa dolori o bruciori (o entrambi) a livello genitale e nella zona perineale, presenta sangue nel liquido seminale o soffre di una grave forma di varicocele.
Talvolta la spermiocoltura si rende necessaria anche quando uno spermiogramma precedente ha evidenziato la presenza di troppi globuli bianchi nel liquido seminale.
Preparazione alla spermiocoltura
La spermiocoltura non è un esame doloroso, tuttavia prevede per il paziente una serie di accorgimenti da osservare rigorosamente sia durante la preparazione, che nel corso della raccolta del campione.
- Astinenza sessuale per non meno di 48h e non più di 7 giorni prima dell’esame. Rimane preferibile non urinare nelle due/tre ore precedenti al momento della raccolta del seme
- Sospendere per qualche giorno l’utilizzo di antibiotici (in questo caso meglio consultarsi prima con il medico curante).
- Dotarsi di un contenitore sterile a bocca larga.
Tali precauzioni servono ad alterare il meno possibile lo sperma, in modo da garantire un’osservazione fedele ed accurata.
Come si fa la spermiocoltura
Il test prevede due fasi, una a carico del paziente, l’altro a carico del laboratorio d’analisi.
Dopo aver seguito le indicazioni elencate sopra, chi si sottopone all’esame è infatti tenuto a raccogliere un campione di sperma. Per farlo correttamente occorre:
- Lavarsi bene mani e genitali prima della manipolazione del pene (diminuendo così il rischio di contaminazione del campione)
- Scoprire il glande (sempre per ridurre probabilità di contaminazione)
- Non utilizzare lubrificanti e/o profilattici
- Riempire il contenitore sterile a bocca larga con l’eiaculato
- Non toccare mai l’interno del contenitore o l’interno del tappo
- Chiudere con cura il contenitore e aver cura di segnalare con chiarezza il nome del proprietario del campione (nome su etichetta o scritta chiara e leggibile sul tappo). Può sembrare banale, ma questa operazione è fondamentale per evitare inconvenienti e scambi al Centro di Prelievo
Una volta consegnato il contenitore al Centro di Prelievo della struttura scelta per l’esame, la palla passa al laboratorio che provvede a inoculare piccole dosi dello sperma raccolta nei vari terreni di coltura. Dopo un periodo di tempo prestabilito, i vari terreni di coltura vengono osservati al microscopio per verificare la presenza o meno di proliferazioni batteriche.
I risultati
Normalmente il paziente può ricevere i risultati dell’esame già nei 2 o 3 giorni successivi. Se l’esito non riscontra la presenza di alcun microrganismo dannoso, il campione viene considerato “pulito” e non occorre iniziare alcuna cura.
Se invece la spermiocoltura ha scovato qualcosa che non va, allora l’esito comprende anche tutte le informazioni necessarie per strutturare una terapia adeguata. L’esame è infatti molto specifico, tanto che quando i microrganismi sono batteri, lo stesso laboratorio procede a testare diversi antibiotici sul campione per valutare quale sia il più efficace, in modo da poterlo prescriverlo al “proprietario” dello sperma.
Cosa fare se l’esame va male?
Prima di sottoporsi ad un esame di spermiocoltura bisogna mettere in conto che l’esito potrebbe anche non essere dei migliori: alla fine lo facciamo proprio per vedere se c’è qualcosa che non va.
Inutile dunque fasciarsi la testa. Se il test riscontrerà qualche infezione, si seguiranno le indicazioni del medico per curarsi e risolvere la situazione; se invece l’esame evidenzierà problemi di fertilità, allora si valuteranno eventuali terapie o, in alternativa, altri modi per poter coronare il proprio desiderio di genitorialità, come il ricorso alla PMA o all’adozione. L’importante è non sentirsi mai sminuiti o segnati da un marchio d’inadeguatezza. Il mondo, fortunatamente, è ancora pieno di opportunità.