Nel panorama italiano la conciliazione tra vita lavorativa e familiare rimane un tema d'importanza cruciale, una vera propria sfida per il futuro della nostra società e che passa obbligatoriamente dalla lotta a quel gender-gap che ancora oggi pone le donne in una posizione di svantaggio rispetto alla controparte maschile.
Finora la politica non è stata in grado di offrire soluzioni realmente efficaci, affidandosi perlopiù ad un modello familistico che ancora oggi affida alle reti parentali (genitori, nonni, zii etc…) la maggior parte delle responsabilità di cura primaria dei più piccoli. Un approccio che però non risolve il problema e, soprattutto, continua a distribuire la maggior parte del peso della vita familiare sulle spalle delle madri.
Italia divisa dal genere
Basta dare un'occhiata ai freddi numeri per rendersi subito conto della situazione. In Italia le donne lavoratrici rappresentano solo il 55% della popolazione (in Europa ma media si aggira intorno al 69,3%) e i numeri tendono a ridursi ulteriormente con il sopraggiungere della maternità, con una donna su cinque che finisce per abbandonare il proprio impiego dopo il parto.
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Chi conserva il lavoro poi deve fare i conti con un doppio incarico a tempo pieno: quello lavorativo e quello materno. Più di tre quarti delle mamme infatti si trova a gestire la fetta più ampia dei compiti di cura dei figli e delle faccende domestiche, cosa che sfocia nella richiesta di contratti part-time (con una conseguente riduzione del salario) o nella drastica perdita di tempo da dedicare allo svago, al riposo o al perseguimento dei propri interessi.
Le cause di un simile divario sono presto dette e vanno dall'annosa carenza sul territorio di servizi dedicati all'infanzia al gap retributivo uomo/donna, passando per una mentalità ancora fortemente incentrata sull'immaginario anacronistico di donna come "angelo del focolare" che però non trova più alcuna aderenza con la realtà quotidiana.
Certo, l'incremento dell'utilizzo dei congedi di paternità e parentali da parte dei padri segnala una lenta ma inesorabile evoluzione verso un maggior coinvolgimento maschile nella sfera domestica e dei compiti di cura, tuttavia persistono criticità oggettive legate, per esempio, alla brevità dei congedi o alla loro effettiva utilizzabilità.
Basti pensare al fatto che ad oggi il mancato riconoscimento di questo diritto da parte del datore di lavoro non viene punito penalmente, ma solo con sanzioni amministrative che possono andare dai 516 a 2.582 euro.
Anche i vari bonus asili nido e gli incentivi economici – quando accessibili –rappresentano altri tassello importanti a sostegno di una strategia capace di ridistribuire i carichi di cura all'interno delle coppie, tuttavia tali interventi risultano ancora insufficienti e poco strutturati.
Azioni dirette e indirette
Per avviare una seria trasformazione della società occorre perseguire politiche davvero efficaci per la conciliazione vita-lavoro, le quali sono spesso suddivise dagli esperti di settore in azioni dirette e indirette.
Le prime includono misure che agiscono sulla tripartizione tempo-servizi-denaro, offrendo supporti concreti alle famiglie, come i già citati congedi parentali e bonus per l'infanzia, oltre a orari di lavoro flessibili e accesso a servizi di cura di qualità.
Le azioni indirette, invece, mirano a un cambiamento culturale più ampio all'interno delle organizzazioni e della società nel suo complesso.
Queste includono campagne di sensibilizzazione per invertire la rotta dunque comprendono attività di animazione territoriale come eventi e seminari, programmi formativi rivolti ai lavoratori su temi di conciliazione e strumenti di monitoraggio delle esigenze dei dipendenti in termini di equilibrio vita-lavoro.
Tutto ciò però non può bastare. A simili iniziative è infatti necessario affiancare anche provvedimenti ben più concreti come:
- l'adozione di orari lavorativi più flessibili e maggiore apertura allo smartworking
- l'adozione di un congedo paritario, aumentando i giorni d'astensione retribuita per i neo-papà
- l'ampliamento dei congedi parentali per includere tutte le categorie (come i lavoratori autonomi)
- parificazione sul piano penale i provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che non rispettano il congedo di paternità
Prospettive future
Affrontare le sfide legate alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare in Italia richiede dunque un approccio trasversale, che integri politiche pubbliche efficaci con un cambiamento culturale profondo.
«Ancora oggi permane una forte tendenza da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro a misurare l'efficienza e la devozione al proprio impiego non tanto attraverso la qualità dei risultati o degli sforzi offerti, ma valutando indicatori come la presenza fisica o il tempo dedicato alle varie mansioni» spiega a Wamily Eleonora De Stefanis, co-autrice della ricerca Le politiche di conciliazione tra famiglia, lavoro e servizi per l’infanzia realizzata dalla Fondazione CRC e Percorsi di secondo welfare.
«Questa visione, inserita in un contesto come quello italiano dove la gestione della famiglia è inteso ancora come un compito ascrivibile prevalentemente al genere femminile, non può che penalizzare la conciliazione vita-lavoro delle donne» prosegue la ricercatrice.
Tale trasformazione non può quindi passare dalla stigmatizzazione delle giovani che preferiscono favorire la carriera o le proprie scelte personale rispetto alla prospettiva di diventare madri, ma necessita di un'autentica inversione di rotta che coinvolga tutti i principali attori della politica e della società.
Il vero rinnovamento deve partire dalla promozione di una maggiore parità di genere nei ruoli di cura, dall'incremento della flessibilità lavorativa e il miglioramento dell'accesso ai servizi per l'infanzia sono passi fondamentali in questa direzione. Il tutto preferibilmente senza più giudizi o atteggiamenti paternalistici per le singole scelte di vita.
Appare inoltre necessario che anche le aziende adottino una maggiore sensibilità verso le esigenze dei lavoratori, incoraggiando una cultura aziendale che valorizzi l'equilibrio vita-lavoro come elemento chiave per il benessere dei dipendenti e la produttività.
Solo attraverso un impegno condiviso tra istituzioni, mondo del lavoro e società civile sarà possibile rimuovere gli ostacoli che ancora oggi rendono complessa la conciliazione tra impegni lavorativi e vita familiare, promuovendo il benessere di tutti i cittadini. Altro che mimose.