Per Halloween si intagliano le zucche, si suona di campanello in campanello per chiedere “dolcetto o scherzetto” con il mantello nero legato al collo e un secchiello da riempire di caramelle, e si ascoltano storie da brividi.
Racconti di giovani scomparsi nel nulla, di spiriti minacciosi, di mummie e zombie che riemergono dalle lapidi dei cimiteri. È compito del narratore incantare, creare un’atmosferica da paura, peli rizzati e pelle d’oca, e confondere il suo pubblico, che inizierà a tremare al remoto sospetto che quella leggenda abbia un fondo di verità.
Trovare le storie spettrali che tengono più incollati alla sedia, poi, è l’altro ingrediente fondamentale per intrattenere i piccoli e lasciarli con il fiato sospeso. Vediamo le storie di Halloween più elettrizzanti da raccontare il 31 ottobre seduti intorno alla fioca luce delle lanterne.
Livello di paura: basso
Partiamo con storie di Halloween adatte ai bambini più piccoli.
La caccia al tesoro
Mattia ha invitato per il suo ottavo compleanno cinque amici a casa sua. La sua mamma ha organizzato una formidabile caccia al tesoro. Li ha divisi in due gruppi: Mattia e due suoi amici vanno in una direzione, muniti di mappa del tesoro, mentre gli altri tre partecipanti vanno dall’altra. Il premio finale saranno le ultime tre fette di torta rimaste, gusto cioccolato e lamponi, e un camioncino in miniatura colore giallo limone. Mattia guida la sua squadra, che inizia a seguire le indicazioni della mappa, come una vera banda di pirati. Trovano i diversi indizi disseminati per la casa, tranne l’ultimo. Ad un certo punto, Mattia lo intravede: il foglio di carta è vicino allo sgabuzzino, in fondo al corridoio, lontano dalle voci della festa di compleanno. Strano: la scrittura non è quella della mamma.
C’è scritto: “Se sbatti tre volte la scopa per terra, comparirò, e l’ultimo premio ti consegnerò”. Mattia e i due amici afferrano la scopa e rispettano le indicazioni: uno, due, tre. Puf! All’improvviso, dalla polvere dello sgabuzzino si leva una leggera nebbia, e sbuca fuori una creatura, bianca come il latte: è un fantasma.
Mattia e i due compagni impallidiscono, iniziano a tremare e restano pietrificati dalla paura. “No, no, non scappate, non gridate!” li prega il fantasma. “Mi chiamo Nick – continua -, sono uno spirito buono. Sono stato io a scrivere il biglietto, non la mamma. Volevo semplicemente trovare degli amici”. Mattia e i due amici si guardano increduli. “Lo so, è strano, ma credetemi, voglio solo fare amicizia”.
I tre amici si tranquillizzano e sorridono, prima di rispondergli: “Va bene, sei un po’ spaventoso e diverso da noi, ma sei gentile e buono. Possiamo diventare amici!”. Lo spirito esplode di gioia ed esclama: “Che bello! Ho sognato degli amici per centinaia di anni! Ora tornate al compleanno, io rimarrò qui. Ogni volta che vorrete giocare con me, sapete cosa fare: sbattete tre volte la scopa per terra”. I piccoli annuiscono e il fantasmino scompare: ci sono tre fette di torta che li attendono in cucina.
Il camino
È inverno e Clara, 6 anni, si sta rilassando sul divano della nonna. Sta guardando in televisione i cartoni animati, mentre sente la nonna armeggiare pentole e piatti in cucina. In sottofondo, c’è il rumore del fuoco che scoppietta nel camino. Clara, anche se è piccola, è attenta ai suoni della casa: sta aspettando di sentire i passi del nonno, che a minuti tornerà dall’ufficio. I suoi pensieri vengono prepotentemente interrotti da un fischio proveniente dalle braci del camino. Clara sgrana gli occhi: tra le fiamme, si nota un volto.
La piccola sobbalza sul divano, incredula. È talmente stupefatta che non riesce a emettere parola. Nel fuoco, scorge un viso ossuto e mostruoso, con due corna sulla testa e una lingua lunga e biforcuta. “Avvicinati, bambina” la intima quella creatura. Clara, che è particolarmente sveglia per la sua età, scuote il capo e risponde: “No! La mamma mi raccomanda sempre di non parlare con gli sconosciuti. Vattene, o chiamo la nonna”. “No, ti scongiuro, non rivelare a nessuno di me – ribatte quell’essere ripugnante avvolto dalle fiamme – mi chiamo Diavoletto. È mio papà, il signor Diavolo, che mi costringe a spaventare i bimbi e a ingannarli… Io vorrei solo divertirmi e trovare un po’ di fresco da questo caldo infernale”.
Clara lo guarda titubante e sospettosa. “Va bene – esclama alla fine Clara – ma devi andartene subito, prima che arrivi mio nonno”. Diavoletto le spiega che si trova prigioniero delle fiamme e ha bisogno dell’aiuto di Clara per essere salvato. “Se tu mi getti dell’acqua addosso, sarò libero”. “E tu non mi spaventerai più?” domanda lei. “Mai più, promesso” risponde lui.
Clara corre in bagno, riempie il bicchiere degli spazzolini d’acqua e lo getta sul fuoco. “Addio, Diavoletto” saluta la piccola. Il bagliore si spegne, le fiamme si placano, ma rimane qualcosa sul fondo del camino: due piccole corna rosse. Clara le sta per raccogliere, quando sente dei passi alle sue spalle. Si gira terrorizzata, prima di tirare un sospiro di sollievo: è tornato nonno Mario.
Livello di paura: intermedio
Alziamo l’asticella del terrore: si inizia a rabbrividire sul serio.
La leggenda di Jack-o’-lantern
Proseguiamo con la più tradizionale: la storia di Jack-o’-lantern, da cui è nata la pratica di creare le zucche di Halloween. Siamo in Irlanda, in un’epoca indefinita. Nell’isola anglosassone, un fabbro di nome Stingy Jack, incontra il Diavolo in un pub dove la sera, dopo lavoro, è solito ritirarsi per bere qualche bicchiere di alcol. Stingy, non volendo spendere soldi per l’ennesima birra, chiede al Diavolo di trasformarsi in una moneta, con cui avrebbe pagato la sua consumazione: in cambio gli avrebbe consegnato la sua anima.
Il Diavolo accetta e assume le sembianze di una moneta da sei pence. Stingy, tuttavia, non mantiene la promessa: anziché pagare, s’intasca il soldo, infilandoselo nel portafogli. Il Diavolo non riesce a liberarsi perché nel portafogli, accanto a lui, si trova una croce d’argento, che gli impedisce di ritornare alla sua forma originale.
Allora, il Diavolo propone a Jack un secondo patto: se il fabbro lo avesse liberato, il Diavolo non sarebbe tornato da lui per dieci anni. Jack accetta.
Un decennio più tardi, il Diavolo torna da Stingy, che gli chiede di cogliere dall’albero una mela per lui. Il Diavolo s’inerpica sui rami, ritrovandosi però intrappolato sulla pianta, perché il fabbro aveva posizionato una croce alla base. Il Diavolo s’innervosisce e tenta nuovamente Jack, promettendogli di risparmiargli l’Inferno, qualora lui l’avesse liberato. Jack annuisce e lo aiuta a scendere.
Anni dopo, quando Jack muore, gli viene negato l’accesso sia al Paradiso, che all’Inferno. In effetti il Diavolo gli aveva garantito di risparmiargli gli Inferi, non di concedergli l’ingresso in Paradiso. L’anima di Jack rimane quindi incastrata nel mondo dei vivi, ritrovandosi a vagare alla ricerca di un rifugio con in mano una fiamma eterna, ultimo dono del Diavolo che Jack posiziona all’interno di una rapa. “Jack o’ lantern” è infatti l’abbreviazione di “Jack of the lantern”.
Da allora, la gente, terrorizzata dal suo errare, realizza delle versioni spaventose delle rape-lanterne e le espone fuori dalla finestra o all’esterno dell’abitazione, per evitare che Jack si avvicini a casa loro.
Con l’emigrazione degli Irlandesi negli Usa la rapa è stata sostituita dalla zucca. Ancora oggi, le famiglie incidono le zucche creando volti spaventosi e le posizionano davanti alle porte di casa, temendo un’incursione in casa di Jack Stingy.
Livello di paura: alto
Terminiamo con racconti adatti ai bambini più grandi e adolescenti.
Nascondino
Sono le undici di una domenica d’estate. Un fratello e una sorella, di 15 e 10 anni, sono a casa da soli perché mamma e papà sono usciti per una veloce commissione. Decidono di trascorrere quei minuti di solitudine giocando a nascondino per ingannare la noia. Il più grande si avvicina alla parete della sala da pranzo, chiude gli occhi e inizia a contare.
La sorellina inizia a correre per la casa alla ricerca di un nascondiglio sicuro in cui rifugiarsi. Otto, nove, dieci! Il fratello finisce di contare e si dirige in camera da letto, convinto di aver udito i passi della sorella andare in quella direzione. Guarda sotto al letto, senza successo. Sotto la scrivania: niente. Dietro lo scaffale: solo polvere.
Ad un certo punto, sente un rumore provenire dall’armadio, simile a un respiro. Inizia a sorridere compiaciuto, convinto di aver trovato la sorella. Afferra l’anta dell’armadio, la apre, e rimane deluso: è vuoto e silenzioso. Mentre lo sta richiudendo, vede qualcosa muoversi. Gli si gela il sangue nelle vene dalla paura: una mano ghiacciata lo afferra e lo spinge dentro l’armadio.
È in quel frangente che sente la sua sorellina chiamarlo alle sue spalle. La piccola lo tira per la maglietta con tutte le sue forze per salvare il fratello, che finalmente riesce a chiudere l’armadio. I due scappano dalla stanza, scendono di corsa le scale ed escono in giardino, alla luce del sole.
Ombra
Ombra è un racconto breve dell’orrore scritto da E.A.Poe nel 1835. Il protagonista, di nome Oinos, e sei amici si trovano in una grande sala nella città di Tolemaide ad aspettare la morte. Anche se la luce proviene da sette piccole luci, la stanza è semibuia, silenziosa e ombrosa. Sulle finestre sono calate pesanti tende nere e la porta in ottone è bloccata. C’è pure il cadavere di un loro amico, morto di peste.
Nonostante la loro paura e il loro terrore, bevono vino e ridono. Il divertimento svanisce quando gli amici si accorgono che c'è una nona figura nella stanza con loro: qualcosa di oscuro è appena scivolato da dietro le tende nere e si aggira per la stanza in mezzo a loro.
Quella creatura prende parola e inizia a parlare. È un’Ombra. I sette uomini balzano dalle sedie inorriditi: le parole che l'Ombra ha rivolto loro non provenivano da una sola voce, ma da migliaia: erano le voci dei loro familiari e amici defunti.