Lo Streptococcus agalactiae, noto anche come streptococco emolitico di gruppo B (GBS), è un batterio che può risiedere nel tratto gastrointestinale e genito-urinario di molte persone senza causare sintomi. Tuttavia, durante la gravidanza, la presenza di questo streptococco può diventare una questione problematica, poiché potrebbe essere trasmesso al neonato durante il parto e causare gravi complicazioni, come infezioni o persino meningiti.
Per questo le linee guida prevedono per tutte le donne in dolce attesa di sottoporsi ad un tampone vagino-rettale nella parte finale del terzo trimestre di gravidanza per accertarsi che non vi siano colonie batteriche nelle zone interessate dal parto.
Quale streptococco preoccupa in gravidanza?
Molti di noi associano lo streptococco all'immagine di bambini ammalati con febbre tosse e gole infiammate. Il termine "streptococco" però non definisce un solo batterio, ma un genere di microrganismi che si differenziano molto tra loro.
Se infatti gli streptococchi di tipo di A sono proprio quelli principalmente responsabili di faringotonsilliti batteriche, a preoccupare le future mamme sono invece gli streptococchi di tipo B, i quali proliferano nel tratto gastrointestinale inferiore, talvolta "espandendosi" verso le vie urinarie e rettali.
Si calcola che questo batterio sia già presente nella flora intestinale di un quarto delle donne ma può comunque essere trasmesso attraverso rapporti sessuali con un portatore. In molti casi non vi sono sintomi che possono segnalare la presenza di questo "germe", cosa che rende opportuno il tampone durante la gravidanza per evitare brutte sorprese.
I rischi
Il pericolo associato allo streptococco di gruppo B è legato soprattutto al momento del travaglio. Se una donna è portatrice di GBS, il rischio principale è che durante il passaggio attraverso il canale del parto il piccolo possa entrare in contatto con il batterio e infettarsi.
Se il neonato viene esposto a Streptococcus agalactiae durante il parto, può restarne totalmente indenne ma, in alcuni casi più rari, può sviluppare infezioni gravi come la polmonite, la sepsi (o setticemia) o la meningite.
Queste condizioni si verificano spesso già durante i primi giorni di vita e possono avere conseguenze a lungo termine sulla salute del neonato, compresi danni neurologici permanenti o, in casi estremi, la morte.
I bimbi prematuri, i nati sotto peso e i bimbi venuti al mondo dopo un parto lungo e difficoltoso sono generalmente considerati più esposti al pericolo di contrarre il batterio.
Si può prevenire?
Purtroppo non esistono accorgimenti o trattamenti per eliminare il rischio di contrarre lo streptococco in gravidanza. L'unica cosa da fare è monitorare lo stato di salute di mamme e feto in modo da poter intervenire prontamente sia durante che dopo la gestazione.
Le autorità sanitarie raccomandano quindi un test di screening per lo streptococco di gruppo B durante il terzo trimestre di gravidanza, generalmente tra la 35esima e la 37esima settimana. Questo test prevede l'urinocoltura e un tampone vaginale e rettale per rilevare la presenza del batterio. Dal momento che queste colonie "vanno e vengono" è opportuno che le donne si sottopongano al test ad ogni gravidanza.
Come si tratta lo streptocco in gravidanza?
In caso di positività al test, la donna riceverà una profilassi antibiotica durante il travaglio e il parto. Questo approccio ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di trasmissione del GBS al neonato e le conseguenti complicanze.
L'antibiotico più comune per questa situazioni è la penicillina ma ci sono approcci diversi che possono dipendere dalle eventuali allergie della donna.
Esistono anche casi in cui non si sa se la donna in procinto di partorire sia portatrice o meno dello streptococco beta emolitico (magari perché non sono ancora disponibili i risultati del test di screening): la maggior parte degli ospedali, in caso di tamponi non noti, effettua comunque la terapia antibiotica preventiva come se si trattasse di un caso di positività. Particolari accortezze rispetto all'implementazione della terapia antibiotica da assumere ci sono poi nei casi di una futura mamma che, durante il travaglio, inizia ad avere febbre alta (sopra i 37,5-38°C), di travaglio che inizia prima della 37esima settimana o se la rottura delle acque avviene prima dell'inizio del travaglio stesso.