I dati parlano chiaro. In Italia ogni anno circa 4000 persone decidono di togliersi la vita. In tutta Europa, invece, il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani e secondo le stime sono 9 milioni gli adolescenti con disturbi psichici.
In tutto questo però c'è chi ogni giorno offre un luogo in cui poter essere ascoltati e aiutati, senza chiedere nulla in cambio. Noi abbiamo fatto delle domande a queste persone per sapere come comportarci nel caso in cui nostro figlio si stesse ritrovando nelle medesime situazioni.
Ci ne ha parlato questo Monica Petra, presidente dell'organizzazione di volontari Telefono Amico Italia, durante un'intervista a Wamily.
«Negli ultimi anni c'è un forte incremento del disagio anche in tema di pensieri suicidari. Disagi cosiddetti esistenziali, quindi legati alla prospettiva attiva di sé nel futuro, quel senso di sentirsi un po’ estranei rispetto a quello che c'è intorno. I giovani portatori di racconti di forte crisi raggiungono il 29%, quindi un numero sostanzioso, considerando che stiamo parlando di persone che hanno meno di 26 anni. Racconta un po’ il malessere di una generazione in fase di formazione».
I segnali da non sottovalutare
«Ci sono dei comportamenti che psicologi e psichiatri indicano come segnali di allarme da tenere sotto controllo: cambiamenti di umore repentino, l’utilizzo di comportamenti a rischio o per l'uso di sostanze oppure per l’esporsi a situazioni di particolare pericolo» continua Petra, che poi riporta alcuni esempi cui prestare sempre molta attenzione.
- L'isolamento, quindi l'allontanarsi dagli affetti, l'allontanarsi anche da oggetti cari
- Il concetto del testamento, quindi del procurarsi un distacco dalle cose che in qualche modo ancorano alla realtà e anche delle trasformazioni in alcune abitudini, tipo le abitudini del sonno
- L'insonnia o il sonno disturbato, altro segnale che indica qualcosa che agita un po’ l'interno.
«Osservare con attenzione è sempre un buon punto di partenza e non dare per scontato che quello che succede sia richiudibile dietro un'etichetta e l'adolescenza. Essere in qualche modo trattati da adulti, cioè essere considerati come individuo complesso e non come risultato di un'etichetta, figlio di una classe, è un modo anche per insegnare ai giovani che la sofferenza e il disagio si possono esplorare, affrontare e trasformare. Quindi il primo passo per un genitore è senz'altro ascoltarli, ma ascoltare con rispetto, con il rispetto che si deve a un individuo e non a un un'appendice, ecco.»
L'invito a non mollare
A pochi passi dal compimento dei trent'anni di onorata carriera come volontario di Telefono Amico, gli occhi di Monica luccicano quando risponde alla nostra ultima domanda: cosa direbbe dunque l'esperta ad un ragazzo che sta pensando al suicidio?
«A quel ragazzo, a quella ragazza, poi a chiunque stia vivendo una situazione di grave crisi e stia avendo dei pensieri suicidari, il mio invito è a parlarne con qualcun altro, a lasciarsi allargare lo sguardo, perché ci sono veramente tante altre alternative.»