Si trovava a bordo di un treno per andare a incontrare il presidente ucraino Zelensky quando la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata raggiunta telefonicamente dal settimanale Grazia per rilasciare un'intervista che, a poche ore dalla sua pubblicazione, non ha mancato di scatenare reazioni da parte del mondo politico e delle associazioni per i diritti civili.
Nell'intervista – incentrata molto sul rapporto tra donne, società e potere – la Premier ha toccato gli argomenti più svariati, partendo dalla propria storia personale (una madre che aveva accarezzato l'idea dell'aborto, l'impegnativo compito di conciliare lavoro e maternità etc…), per arrivare ad affrontare temi importanti come l'accettazione personale, emancipazione femminile e violenza nei rapporto di coppia.
Accanto a molte considerazioni apprezzabili però, nel corso della chiacchierata con l'intervistatrice Silvia Grilli la Premier è tornata immancabilmente a parlare di famiglia, utilizzando parole e argomentazioni che, a nostro avviso, meriterebbero qualche considerazione più approfondita.
Ribadendo con decisione le proprie posizioni in merito ad aborto, famiglia, maternità surrogata e non meglio precisate teorie gender, Meloni infatti tende a partire da valutazioni condivisibili per arrivare però a conclusioni alquanto spiazzanti e che, in alcuni ambiti, risultano fuorvianti e – ahinoi – piuttosto discriminatorie.
Aborto
Il primo punto controverso riguarda il sempre caldo tema dell'aborto che, come già accennato, per la Premier mantiene anche una connotazione legata alla propria esperienza personale.
A precisa domanda dell'intervistatrice riguardo un ipotetico consiglio da dare ad una donna decisa ad abortire, il premier Meloni risponde infatti di provare a darsi una possibilità. Lo Stato, afferma, le sarà vicino per darle l'opportunità di non negarsi la gioia di crescere un figlio e «metterlo al mondo nelle migliori condizioni possibili».
Una simile dichiarazione però, benché pregna di buoni sentimenti, non fa del tutto i conti con le complesse motivazioni che possono spingere una donna ad interrompere la propria gravidanza.
Se infatti appare ragionevole ritenere che nessuna donna possa giungere alla decisione di abortire a cuor leggero, risulta altrettanto razionale considerare non solo le eventuali difficoltà legate a contesti socio-economici ostili e che – a dispetto di anni di buoni propositi – vengono mal supportati da una Sanità pubblica che molto spesso delega la questione ad associazioni o frammentate realtà private, ma anche il fatto che la scelta di abortire riguarda una gamma infinita di considerazioni personali che devono essere rispettate e, soprattutto, tutelate.
Senza citare casi limiti come uno stupro o malformazioni nel feto, una donna deve avere il diritto di guardare oltre la semplice nascita del bambino, consapevole che la maternità non si esaurirà con il parto ma condizionerà tutto il resto della sua vita, anche nel caso in cui decidesse di non riconoscere il nascituro.
Se dunque la stessa Meloni in un recente passato è già apparsa più volte contraria a qualsiasi modifica o annullamento della Legge 194, perché continua a mantenere una certa ambiguità sul tema, offrendo agio di manovra a chi invece vorrebbe dichiaratamente riportare l'aborto nell'ombra dell'illegalità?
Famiglia
Sempre partendo dal proprio passato condizionato dall'assenza della figura materna, Meloni ha poi proseguito l'intervista auspicando che ogni bambino possa vedersi garantito il diritto ad avere il massimo ossia – pausa ad effetto – una mamma e un papà.
«Non conosco nessuno che rinuncerebbe a uno dei propri genitori o che sceglierebbe di essere cresciuto solo dalla madre», spiega. Anche in questo caso però la nostra Presidente del Consiglio rischia di fare un minestrone poco fedele alla realtà dei fatti.
Stando alla comunità scientifica infatti, il "massimo" per la crescita di un bambino non viene identificato nella composizione del nucleo genitoriale, ma dalla presenza di un ambiente sereno e amorevole, che ne favorisca il corretto sviluppo fisico, emotivo e psicologico. Il binomio mamma-papà è statisticamente predominante, ma non esaurisce il profondo significato dietro la parola "famiglia".
Ciò che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare che i genitori forniscono loro, indipendentemente dal fatto che essi siano conviventi, separati, risposati, single, dello stesso sesso (Associazione Italiana di Psicologia)
Tutelare il modello tradizionale dunque, non può tradursi con l'esclusione di tutte le altre famiglie che già esistono e che anzi meriterebbero egual riconoscimento.
Un'ulteriore nota merita poi l'associazione compiuta da Meloni tra il concetto di abbandono e mancanza di una delle due figure genitoriali "canoniche".
Nelle famiglie con due mamme, due papà o un solo genitore che è riuscito a diventare tale grazie alla PMA non vi è nessun abbandono o mancanza. Si tratta di diversità, che nella società moderna dovrebbe cominciare ad essere tratta come un arricchimento e non come un disvalore.
Gravidanza per altri
«L'utero in affitto è la schiavitù del terzo millennio» afferma poi la Premier parlando di GPA (Gravidanza Per Altri).
È vero, esistono parti del mondo – come l'India o diversi Paesi dell'ex blocco sovietico – in cui migliaia di donne sono costrette a sfornare bambini su commissione perché costrette da aguzzini o da drammatiche condizioni economiche. Non per questo però bisogna fare di tutta l'erba un fascio, come invece sembra suggerire Meloni.
In Stati tutt'altro che arretrati come Regno Unito o Canada, la GPA gratuita o coperta da semplice rimborso spese è una pratica sicura e regolamentata, che garantisce dignità alle donne che vi si sottopongono. Guardando poi al grande alleato atlantico, con cui la stessa Italia e, in sua rappresentanza, la stessa Meloni trattiene ottime relazioni diplomatiche, la situazione diventa ancora più variegata: in alcuni Stati degli USA infatti, non è legale solo la GPA gratuita, ma anche quella a pagamento.
Permettere una GPA legale e "umana" dunque, è tutt'altro che impossibile. Finché si continuerà a parlare in modo dispregiativo di "utero in affitto" e non di "maternità surrogata" o "gestazione per altri"(termini ben più corretti) però rimane chiaro come il dibattito non voglia discostarsi dai binari del preconcetto.
Trans e teoria gender
Un'ultima stoccata viene infine riservata alla comunità trans e all'immancabile "teoria gender", argomento sempre buono quando si tratta di evocare ideologie sotterranee per sovvertire l'ordine naturale della società.
«Maschile e femminile sono radicati nei corpi» afferma Meloni, convinta che "le donne che si sentono uomini" siano una minaccia per l'intero mondo femminile. «Oggi per essere donna si pretende che basti proclamarsi tale, nel frattempo si lavora per cancellarne il corpo, l’essenza, la differenza. Le donne sono le prime vittime dell'ideologia gender» chiosa.
Tralasciando il voluto riferimento ad una teoria inesistente (gli studi di genere seri sono scienza e non c'entrano granché), la frase detta così sembra suggerire come il problema della disuguaglianza femminile risieda in una manciata di esuberanti che, per ricerca d'attenzioni o per capriccio, decidano di cambiare look, tingersi i capelli e adottare un diverso pronome di riferimento.
Esisteranno anche casi simili – soprattutto nel variopinto mondo dei social – ma le persone trans restano una realtà. E quando si tratta di persone, non ci si può abbandonare né alla superficialità né, tantomeno, al pregiudizio.
La disforia di genere non è infatti una moda passeggera, ma una condizione scientificamente riconosciuta che impatta sull'identità stessa degli individui e comporta importanti ripercussioni su ogni aspetto del quotidiano, dalle relazioni alle opportunità lavorative. In che modo riconoscere questi cittadini e tutelarne i diritti potrebbe sminuire il valore universale della donna?