La translucenza natale (NT) del feto è un esame di screening neonatale non invasivo che si effettua attraverso una semplice ecografia nel primo trimestre di gravidanza e ha lo scopo di evidenziare la possibilità che il feto soffra di alcune anomalie cromosomiche. Sul monitor si presenta come una striscia nera dietro la nuca del bambino, dove si trova un liquido. Se lo spessore della striscia è eccessivo, il feto rischia di essere affetto da una patologia, e si procede con ulteriori, e più invasivi, accertamenti.
Proprio per monitorare lo stato di salute del feto che ospita in grembo e identificare eventuali anomalie cromosomiche, la gestante si sottopone, durante l’ecografia, al test della translucenza nucale che, se effettuato in combinazione con il bi-test (uno specifico esame del sangue), identifica i casi gravi di handicap con un’efficacia fino al 90%.
Per quanto utile, il test della translucenza nucale non sostituisce la villocentesi e l’amniocentesi, che godono di un’attendibilità maggiore, ma comportano anche un rischio per il feto. A differenza dei due esami, l’ecografia indaga solo le probabilità di partorire un neonato malato, senza produrre diagnosi definitive.
Che cos'è la translucenza nucale e come misurarla
Immaginiamo di guardare il monitor durante un’ecografia di routine. La translucenza nucale è quella piccola fessura visibile fra la nuca del feto e i tessuti paravertebrali sottostanti e dentro la quale si accumula un liquido. Più la fessura è profonda e il liquido abbondante, maggiore è la probabilità di riscontrare nel bambino malformazioni cromosomiche o cardiache.
Lo spessore della translucenza nucale è misurabile tramite una regolare ecografia, a cui la mamma in dolce attesa si sottopone nel primo trimestre di gravidanza: è il cosiddetto test della translucenza nucale.
Quando fare la translucenza nucale
Sottoporsi alla translucenza nucale non è obbligatorio, tuttavia è consigliato, specialmente se l’età della mamma supera i 35 anni. I limiti temporali per verificare in tempo lo stato di salute del piccolo sono inderogabili: l’esame della translucenza nucale è effettuabile solo tra l’11esima settimana e la 14esima settimana di gestazione, cioè nel periodo in cui è presente l’accumulo di liquido da visualizzare.
Quel fluido, infatti, è prodotto fisiologicamente a partire dalla decima settimana di gravidanza, cioè nel primo trimestre, nella regione posteriore al collo del feto, sotto la cute del nascituro, e scompare gradualmente intorno alla metà del quarto mese.
Grazie alla proprietà traslucente e anecogena (cioè, che non riflette gli ultrasuoni) di quella zona, l’ecografia, che emette onde sonore, è in grado di verificare lo spessore della translucenza nucale. Più la fessura è profonda e la linfa annidata consistente, maggiore è la possibilità che il feto sia affetto dalla sindrome di Down o da malattie cardiache.
La translucenza nucale non è un esame specifico, come la villocentesi o l’amniocentesi. Si tratta, piuttosto, di una caratteristica del feto analizzabile nel corso del primo trimestre di gestazione, per la precisione fra le 11+3 e 13+6 settimane gestazionali, tramite un’ecografia di routine.
A che cosa serve la translucenza nucale
Secondo uno studio della Fetal Medicine Fundation di Londra, con un’ecografia il ginecologo, misurando l’ampiezza della translucenza nucale, è in grado di identificare un feto affetto da gravi patologie in circa l’80% dei casi. Si tratta di una percentuale significativa, che attribuisce al test una buona dose di affidabilità.
Il test della translucenza è in grado di individuare, otto volte su dieci, i difetti cromosomici:
- Sindrome di Down (o trisomia 21)
- Difetti cromosomici più rari rispetto alla trisomia 21, come la sindrome di Edwards (o trisomia 13) o la sindrome di Patau (o trisomia 18)
Attraverso il test della translucenza nucale potrebbero essere rilevate anche le seguenti patologie o anomalie fetali (o, per essere più specifici, la probabilità con cui si possono presentare):
- Malformazioni cardiache e anemie
- Sindromi genetiche, come la Sindrome di Noonan e l’iperplasia surrenalica congenita
- Idrope fetale, cioè l’accumulo di liquido in almeno due dei compartimenti fetali
- Anomalie scheletriche o neuromuscolari
Come si svolge il test della translucenza nucale
Il test della translucenza nucale si svolge tramite un’ecografia, non invasiva e innocua sia per il feto che per la mamma, eseguibile in due modi:
- Appoggiando esternamente la sonda sull’addome (ecografia transaddominale)
- Introducendo la sonda direttamente nella vagina (ecografia transvaginale)
Entrambe le opzioni sono valide. L’unica differenza significativa consiste nella qualità delle immagini prodotte, che è superiore se l’ecografia è effettuata via transvaginale, una modalità che, seppure più fastidiosa, garantisce immagini a più alta risoluzione.
L’esame, oltre che indolore, è veloce: ruba dai 20 ai 30 minuti alla gestante, che attende, distesa sul lettino con il pancione scoperto. Al massimo, l’attesa può allungarsi fino a un massimo di 45 minuti, nel caso in cui la posizione del piccolo crei difficoltà.
Per permettere una corretta visualizzazione della fessura sotto la nuca fetale, infatti, il bambino dovrebbe essere posizionato di profilo. Aumenta la probabilità di un feto malato se sul monitor si delinea uno spessore eccessivo della translucenza nucale, che all’occhio nudo si presenta come una sorta di striscia nera, priva di echi, compresa fra le due linee bianche parallele che rappresentano l'osso e l'epidermide della nuca.
Translucenza nucale e bi-test
Come abbiamo già precisato, il test della translucenza nucale ha un’efficacia dell’80%. Ma la cifra cresce fino al 90%, se l’ecografia è affiancata da un secondo test, quello biochimico, chiamato bi-test.
Il bi-test consiste in un prelievo di sangue materno, eseguito in genere fra le nove e le undici settimane di gravidanza, che consente di analizzare la presenza nel sangue venoso di due proteine prodotte dalla placenta, la gonadotropina corionica (o free beta hCG) e la proteina plasmatica A associata alla gravidanza (o PAPP-A).
L’alterazione di questi due ormoni della gravidanza nel sangue della mamma è un indice di una presunta anomalia nel feto: se le beta hCG aumentano e la PAPP-A diminuisce, è probabile che il bambino in grembo sia affetta dalla sindrome di Down.
Con i risultati dell’ecografia e delle analisi del sangue alla mano, cioè con a disposizione l’esito dell’esame combinato (NT + bi-test), sono riconoscibili fino al 90% dei casi di handicap più gravi, con una percentuale di falsi positivi del 5%.
Quel tasso di falsi positivi del 5% (cioè di test positivi in caso di feto sano) è riducibile ulteriormente fino al 3%, se, insieme alla translucenza nucale e al dosaggio degli ormoni della gravidanza, sono analizzati pure l'osso nasale, il flusso del dotto venoso e il flusso tricuspide del bambino.
Translucenza nucale: valori e risultati
Non esistono parametri assoluti per quanto riguarda la lunghezza della translucenza nucale. In sostanza, il medico non dispone di misure precise e definite per stabilire se lo spessore della cute di un feto a livello del collo è eccessivo, oppure no.
Piuttosto, esistono dei valori indicativi e approssimativi di riferimento: se la translucenza nucale supera i 3,5 millimetri, il test è ritenuto ad alto rischio. A quel punto, il medico di norma procede offrendo alla mamma l’accesso gratuito alla diagnosi prenatale invasiva (una villocentesi o un’amniocentesi) per confermare o smentire il sospetto di anomalie cromosomiche o patologie.
Tuttavia, sono già ritenuti alterativaloriche superano i 2,5 mm. Da 2.5 a 3.5 si consiglia solitamente test di DNA fetale ed ecografia di approfondimento, oltre i 3.5 si opta per villocentesi ed ecografia di secondo livello.
Nel caso di un test con un valore nettamente inferiore a 3/3,5 millimetri o, addirittura, a basso rischio (ovvero con una probabilità di rischio di 1 su 10.000), non significa che non esistano pericoli per la salute del feto: per ottenere una certezza diagnostica è imprescindibile sottoporsi ad una diagnosi più invasiva.