Eccoci che raggiungiamo le nostre amiche al bar in cui ci siamo date appuntamento. Stanche perché è una settimana impegnativa al lavoro e facciamo continuamente tardi pur di finire il progetto che ci è stato assegnato.
Non riusciamo neanche a fare un salto nella palestra sotto casa, dove ci siamo iscritte a inizio anno, piene di buoni propositi. Stasera però un aperitivo e quattro chiacchiere non ce li toglie nessuno. Ci sediamo, salutiamo tutte e Martina inizia a parlare delle sue corse tra asilo nido e scuole elementari per portare i suoi due figli a lezione. Lucia si accarezza il pancione, dicendo che non ne può più delle nausee mattutine e Federica ha due occhiaie molto pronunciate e si lamenta perché il suo piccolo Marco non la fa dormire da 4 mesi.
E noi che un bimbo che scorrazza per casa non lo abbiamo le ascoltiamo, come si fa con le amiche, cerchiamo di immedesimarci, di chiedere loro se hanno bisogno di un aiuto e così senza preavviso, quando arriva il nostro turno di raccontarci, arriva come una doccia gelata la frase “Tu che non hai figli, non puoi capire”.
Perché non si dice più?
Questa frase sembra essere completamente estemporanea nell’epoca dei social network, dove ci è permesso parlare di tutto. Con un click possiamo trovarci dall’altra parte del mondo e con un tasto condividere tramite il nostro profilo, battaglie e storie di altri. Eppure noi la stanchezza di chi è diventata mamma, le sue paure, le spese, la sua vita impegnata, non possiamo proprio capirla perché abbiamo deciso che nella nostra vita spazio per un bambino non c’era.
Questa frase è sbagliata perché rientra in quella concezione tossica secondo la quale chi non ha un figlio, perché non vuole, non può o non riesce, allora non potrà mai raggiungere uno step fondamentale della sua vita. Come se la maternità fosse una realizzazione e non un desiderio che qualcuno può avere e qualcun altro no. Inoltre dicendola si da per scontato che invece, al contrario, una donna che ha dei figli può capire perfettamente una donna che non ne ha, può capirne la stanchezza, i programmi, le difficoltà. Non solo li può capire, ma li ritiene sempre meno di quelli di una mamma.
Senza contare che a volte chi non ha avuto un figlio, quel bambino magari lo ha sempre desiderato, lo sta ancora cercando, ma fa fatica, è scoraggiato e ha paura di non poterlo avere mai.
Cosa non possiamo capire se non siamo mamme? Sicuramente non possiamo sapere in maniera pratica come si cambia un pannolino o si lava un bebè, nemmeno cosa significa svegliarsi nel sonno perché il bimbo schiamazza dall’altra parte della stanza. E non lo sappiamo solo perché non lo abbiamo mai fatto.
Allo stesso modo gli altri non possono sapere come ci si senta a non avere figli, ad avere una vita impegnata in un altro modo, che non per questo è meno stancante, fatta meno di corse frenetiche e incastri tra i mille impegni. In un mondo che tra l’altro sembra sempre fare una grande pressione sociale sulle donne, affinché diventino mamme.
Stanchezza, non cattiveria
A volte questa frase viene detta non per cattiveria, ma perché è frutto di tanta stanchezza quella che a volte, dopo una brutta litigata in famiglia, tante notti in bianco, l’ennesima lavatrice di tutine completamente imbrattate ci fa immaginare come sarebbe stata la nostra vita senza i bambini.
Al posto di dire "Non puoi capire" e guardare con invidia una vita che non vorremmo, perché abbiamo scelto di diventare genitori o ci stiamo provando con tutte le nostre forze, chiediamo aiuto. Parliamo con le amiche, raccontiamo cosa non va, diciamolo che siamo stanchi e perché lo siamo, solo così potremo distruggere la narrazione di genitori perfetti, impeccabili e sempre presenti, che ha poco di vero e molto di tossico, anche per noi.