A bomba, di testa, a candela. I tuffi in acqua al mare, al lago, in piscina sono uno degli intrattenimenti estivi più apprezzati da grandi e piccini, che si divertono a lanciarsi dallo scoglio più in alto e a dimostrare la loro prodezza tra acrobazie in aria e virtuosismi dal trampolino. I tuffi, tuttavia, richiedono prudenza e assennatezza. Un tuffo azzardato o maldestro rischia di avere conseguenze di salute gravi e permanenti. Prima di lanciarsi nello specchio d’acqua, è raccomandabile considerare le condizioni del mare, valutare l'altezza del tuffo, calcolare la profondità dell’acqua, perlustrare l'area alla ricerca di eventuali ostacoli e assumere la posizione corretta per evitare incidenti. Accertata la situazione di sicurezza, non resta che buttarsi in acqua!
Da che altezza tuffarsi
L’altezza è senza dubbio uno dei primi elementi da considerare in caso di tuffi in acqua. La regola generale, se ci si tuffa a pelo d’acqua, è quella di accertarsi che la profondità dell’acqua sia leggermente superiore all’altezza del piccolo. Se, invece, ci si lancia da un punto più in alto, come un trampolino o uno scoglio, si dovrebbe calcolare mentalmente la profondità dell’acqua in base all’altezza del tuffo. Nello specifico, in genere si aggiungono due metri a quella che è l’altezza da cui ci si butta: se ci si tuffa da due metri, è raccomandabile che la profondità dell’acqua sottostante sia di almeno quattro metri.
Da valutare, in caso di tuffo in mare, è l’eventuale presenza di ostacoli, come dislivelli del fondale e rocce nascoste dalle acque. Se non abbiamo la certezza matematica dell’assenza di ostacoli, specie se l’acqua è torbida, è raccomandabile effettuare il primo tuffo di piedi, e non di testa.
Se il mare è mosso, è rischioso tuffarsi: come riporta il decalogo della Società Italiana di Salvamento, il riflusso dell’onda determina una significativa diminuzione della profondità del fondale favorendo l’impatto del tuffatore con il fondo. In più, le onde rischiano di causare traumi, facendo urtare il bagnante contro gli scogli.
Rischi
I tuffi amatoriali sono causa di morte e di infortuni gravi. Secondo i dati condivisi dall’Istituto Superiore di Sanità, il 2,7% dei casi di annegamento e incidenti in acqua è riconducibile ai tuffi. Per i tuffatori non allenati, un tuffo avventato e pericoloso rischia di provocare trauma alla spina dorsale o al collo, rottura della clavicola, lesioni al ginocchio. «L'acqua è mille volte più densa dell’aria, – ha dichiarato Sunghwan Jung, docente di ingegneria biologica e ambientale della Cornell University (New York), a capo di uno studio sui tuffi in sicurezza – per cui ci si sta muovendo da un mezzo molto diluito a un mezzo molto denso, e si è destinati a sopportare un impatto molto forte».
Per questo motivo, per prevenire incidenti di qualsiasi genere ed entità, gli esperti consigliano di iscrivere i piccoli a un corso di nuoto, in cui impareranno a rimanere a galla in acqua, a nuotare correttamente e a tuffarsi in sicurezza.
Gli istruttori insegnano ai piccoli come tenere i piedi e i talloni prima di lanciarsi. Inizialmente, si tufferanno di testa, dopodiché, quando avranno preso dimestichezza con l’acqua, si misureranno con i primi tuffi a testa in giù, con le braccia sopra la testa.
Benefici
Tuffarsi in acqua ha, comunque, tanti benefici sullo sviluppo fisico e mentale dei più piccoli. I tuffi insegnano a mantenersi in equilibrio e ad acquisire la coordinazione dei movimenti, e aiutano a diventare sicuri di sé e a essere coraggiosi. Nei primi anni di vita, i bimbi si cimentano nei salti in acqua scendendo dalla scaletta o dal bordo dalla piscina, accompagnati dalla mano del genitore o dell’istruttore, mentre il tuffo in autonomia, con entrambe le gambe, arriva più tardi.
I primi balzi in acqua sono innanzitutto divertenti: intorno ai 3-5 anni, tuffarsi è un gioco spassoso, che permette ai piccoli di salire, arrampicarsi e saltare. Inizialmente, si preferisce invitare i bimbi a tuffarsi con i piedi che atterrano per primi, e l’adulto deve essere nelle immediate vicinanze per sorvegliarlo e, se il pargolo non è in grado di nuotare, prenderlo e riaccompagnarlo al bordo. Dopodiché, crescendo, i piccoli eseguono i primi salti a testa in giù e con le braccia sopra la testa.
È diffusa anche la paura per i tuffi, avvertita da non pochi bambini. Sarà l’adulto, a quel punto, a guidare il piccolo, tuffandosi con lui, tenendogli la mano e aiutandolo a sconfiggere il timore con cura e dedizione.