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10 Febbraio 2023
17:00

Viaggio in Cina: la vita a scuola (e sotto le videocamere) per un’istruzione ispirata a rigore e perfezionismo

Wamily è salpato in direzione dell’Asia, approdando in Cina. Il Paese di Xi Jinping è la prima tappa del nostro viaggio alla scoperta dei sistemi scolastici ed educativi del mondo. In Cina, il Paese orientale più popoloso al mondo, per spiccare nella massa sei costretto a eccellere. Per questo, fin dalla più tenera età i giovani sono educati al rigore, alla disciplina, al rispetto e all’obbedienza, sia a scuola, che in famiglia.

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Viaggio in Cina: la vita a scuola (e sotto le videocamere) per un’istruzione ispirata a rigore e perfezionismo
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Inauguriamo oggi la rubrica Rubabandiera, che sfida i confini geografici esplorando, di volta in volta, il sistema educativo e scolastico di un Paese diverso del mondo. Come vivono, studiano e crescono i bambini e gli adolescenti che abitano dall’altra parte del mondo?

Lo impareremo su Wamily, che oggi è salpato in direzione dell'Asia, approdando in Cina. Il Paese di Xi Jinping è la prima tappa del nostro viaggio alla scoperta dell’istruzione e della formazione dei più piccoli.

  • Wèi xiào zhēngguāng, «Dare onore alla propria scuola».
  • Yīnwèi yǒu huǐ, suǒyǐ pīxīngdàiyuè, «Poiché si hanno i rimpianti, si deve lavorare duramente dall’alba alla sera tardi».
  • Bà mā, zhè cì wǒ jué bù zài ràng nín shīwàng, «Mamma, papà, questa volta io non vi deluderò».

No, non sono frasi di soldati in partenza per il fronte, né ammonimenti di un campo di detenzione. Sono gli slogan appesi ai muri delle scuole in Cina. Rigore, competizione, pressione psicologica, addestramento militare, propaganda comunista, sessioni di memorizzazione collettiva. Crescere e studiare nel Paese più grande dell’Asia Orientale non è una passeggiata, almeno agli occhi di un occidentale.

La Cina con il suo miliardo e mezzo di abitanti è la nazione più popolosa al mondo. Per spiccare e non confondersi nel mucchio è indispensabile, per un giovane cinese, eccellere in ogni campo, seguendo un’istruzione ferrea, sia in famiglia che a scuola.

Un’istruzione che è diventata obbligatoria solo il 1° luglio del 1986, quando ormai quella cinese era una Repubblica popolare consolidata. Una conquista importante, considerando che fino alla prima metà del ‘900, l’80% dei cinesi era analfabeta.

Sistema scolastico

Il percorso formativo obbligatorio dei bambini cinesi dura 9 anni e prevede:

  • 6 anni di scuola elementare
  • 3 anni di scuola media, chiamata scuola media inferiore per distinguerla dalla scuola media superiore, cioè il liceo (che è facoltativo)

E per quanto riguarda i bimbi in età prescolare? Esiste un equivalente dell'asilo nel Paese guidato da Xi Jinping? La risposta è sì! Prima della scuola dell'obbligo, i genitori cinesi possono iscrivere i figli ai nidi e alle scuole materne, che si dividono fra pubbliche, private e internazionali.

Le classi in Cina sono numerosissime, contando fino a 50-60 studenti l'una, tutti rigorosamente in uniforme. E agli angoli delle aule sono collocate delle videocamere di sorveglianza utilizzate dagli insegnanti per accertarsi che gli alunni siano concentrati e non si distraggano.

A lezione di virtù

Oltre alle materie più tradizionali, come lingua cinese, arte, lingua inglese, scienze, musica, i giovani cinesi sui banchi di scuola seguono le lezioni di virtù, un insegnamento che impartisce le regole del vivere bene e in armonia con l’altro. La potremmo paragonare alla nostra educazione civica, anche se con il progredire dei gradi d’istruzione assume una connotazione più politica, fino ad includere fondamenti di comunismo e di patriottismo e nozioni di educazione alla legalità e al collettivismo.

A lezione di virtù gli studenti imparano le regole del vivere bene e in armonia con l'altro

Per il governo cinese, infatti, il piccolo non appartiene solo alla sua famiglia, ma anche e soprattutto alla società, grazie alla quale può vivere e migliorarsi. Per questo, insegnare i fondamenti della vita collettiva fin dalla tenera età è una priorità in Cina, tanto che il Ministero dell’Istruzione introdusse la virtù come disciplina obbligatoria nel 1981, quattro anni prima dell’entrata in vigore della legge dell’istruzione obbligatoria.

Addestramento militare

L’ingerenza del governo rosso nell’istituto scolastico è testimoniata anche dalla presenza, nei piani di studio studenteschi, dell’addestramento militare, un istituto che prevede lezioni teoriche sulla difesa nazionale combinate ad attività fisiche all’aperto, normato sia dal Ministero dell’Istruzione, che da quello della Difesa. Il motivo? Nelle leggi che la regolamentano si legge che l’addestramento militare aiuta a infondere l’amore per la patria, a rafforzare lo spirito di coesione nazionale e a sviluppare le abilità militari. Come a dire, "in caso di guerra, abbiamo un esercito a disposizione".

All'inizio dell'anno scolastico in Cina si registra annualmente un aumento di incidenti nelle scuole proprio a causa degli addestramenti: gli studenti meno allenati o che durante l'estate hanno perso i progressi duramente conquistati l'anno precedente, si fanno male durante gli esercizi militari.

I caratteri di scrittura cinesi sono estremamente piccoli. Per salvaguardare la salute degli occhi, fin dagli anni Settanta vige nella scuola elementare cinese il momento del yǎnbǎo jiàncāo, una sorta di risveglio muscolare mattutino per proteggere la vista e prevenire la miopia dei piccoli studenti. In origine, pure la pratica del yǎnbǎo jiàncāo aveva una connotazione politica: significava rimanere vigili e tenere gli occhi aperti davanti ai pericoli, come la guerra o la rivoluzione.

Aule di memorizzazione

Anche se in Cina l’approccio allo studio è prevalentemente autonomo, all’interno della scuola esistono delle aule destinate alle sessioni collettive di studio. Lì gli studenti si radunano per ripetere le lezioni a memoria, tutti insieme, producendo, con le loro voci che si sovrappongono l’una sull’altra, un fastidioso brusio, simile al ronzio delle api. L’aula di memorizzazione di gruppo, peraltro, è videosorvegliata e sulla lavagna campeggia un avvertimento, che recita: «In questo momento non ci sono le telecamere degli insegnanti, c’è soltanto il binocolo di Dio». Un modo bizzarro, e un po’ inquietante, di studiare le nozioni apprese in classe!

Scuola elementare Cina

L'educazione in famiglia

Chi abita lontano dalla propria scuola media, nelle zone rurali o più impervie del Paese, soggiorna nei campus, condividendo la stanza con anche otto compagni. Le condizioni dei dormitori non sono sempre ottimali: i letti a castello potrebbero essere privi di materasso, i servizi igienici – in comune – in genere consistono in turche e a volte manca il riscaldamento. Nei campus vigono regole ferree: dopo un certo orario, gli adolescenti non hanno più a disposizione l'acqua calda e intorno alle 22 viene staccata la corrente.

Solo gli alunni più abbienti trascorrono le notti in appartamenti privati e confortevoli. In ogni caso, gli studenti cinesi tendono a non tornare a casa nei weekend, sia per le enormi distanze che li separano dalla città di provenienza, sia perché nell’ambiente domestico i più piccoli sono sottoposti a una stressante pressione psicologica da parte dei pretenziosi adulti.

Fra le mura di casa, infatti, si muove la «mamma tigre», che vieta ai figli di guardare la televisione e di giocare con gli amici obbligandoli a dedicarsi ad attività formative, come suonare uno strumento, imparare una lingua, disegnare, prendere lezioni di ballo.

In effetti, in Cina l’educazione dei minori è responsabilità dei genitori: se crescono un figlio arrogante o irrispettoso, è colpa loro. A questo proposito, nel 2021 è arrivata sui tavoli del Parlamento cinese una proposta di legge per punire le mamme e i papà dei figli maleducati. Il ragionamento alla base della proposta legislativa è che la maleducazione del bambino determina automaticamente il fallimento dei genitori in quanto educatori.

Il Gaokao

Con la fine della scuola media inferiore, termina l’istruzione obbligatoria. A quel punto, davanti agli studenti si apre un bivio: prolungare il percorso di formazione, iscrivendosi a un liceo (lungo 3 anni) o a una scuola professionale (di 2 anni), oppure rimboccarsi le maniche e tuffarsi nel mondo del lavoro?

Gli anni del liceo sono i più intensi. Esistono due soli indirizzi: scientifico e umanistico. La sveglia suona all’alba, la scuola inizia intorno alle 7 del mattino e i libri non si richiudono fino a quando l’orologio non rintocca le 21 della sera (nelle scuole medie superiori che sfoggiano i punteggi più alti del Gaokao le giornate scolastiche potrebbero concludersi addirittura a mezzanotte).

Lungo i corridoi sono affissi slogan e motti che spronano gli alunni alla massima diligenza e all’assoluta responsabilità. Per citarne uno: «Oggi è una giornata terribile, domani sarà ancora peggio, dopodomani sarà una bella giornata, ma buona parte delle persone domani sera morirà e non riuscirà a vedere il sole di dopodomani».

gaokao
Una studentessa cinese con i genitori dopo il Gaokao

La vita adolescenziale di un liceale rotea intorno al Gāo kǎo, l’esame finale che sancisce il futuro del neodiplomato. Dal punteggio che lo studente totalizza al Gaokao dipende la scelta dell’università: più l’università è prestigiosa e rinomata, più il punteggio da raggiungere per l’accesso è alto.

Per questo motivo, i giovani in Cina sono sottoposti a una pressione spropositata: il Gaokao determina non solo l’indirizzo di studi universitario, ma pure la carriera lavorativa e il futuro status sociale degli studenti.

Uno stress acuito dalla famiglia, che vive il Gaokao come un rito di passaggio e riversa le proprie ambiziose aspettative sul figlio. A tal punto che i genitori che abitano più lontano, raggiungono i figli in occasione dell’esame, per incitarli ed esibire striscioni di supporto fuori dai cancelli della scuola. Una tradizione esasperata con la politica del figlio unico, introdotta nel 1979 e abolita nel 2015, su cui si concentravano le attese di genitori e nonni.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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