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10 Marzo 2024
14:00

Viaggio in Perù, un “Muro della Vergogna” che divide scuola pubblica e privata

Cosa si nasconde dietro alle affascinanti cartoline turistiche di Machu Picchu? Quei piccoli peruviani che sorridono con indosso ponchi dai colori sgargianti dove vanno a scuola? È un Paese, il Perù, spaccato in due, tra ceto ricco e povero. Le famiglie benestanti di Lima pagano fino a 4mila soles al mese per l’istruzione dei figli, mentre i bambini delle zone rurali percorrono ogni mattina due ore di strada a piedi per arrivare a scuola.

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Viaggio in Perù, un “Muro della Vergogna” che divide scuola pubblica e privata
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Altissime dune di sabbia dorata, un esercito di vulcani inattivi, montagne color arcobaleno, laghi sconfinati dall’acqua smeraldina. È il ritratto del Perù, il diciannovesimo Paese più grande del mondo per estensione, e il terzo del sud America, dopo Brasile e Argentina. Nonostante le sue dimensioni record (di 1,28 milioni di km²), gli abitanti del Perù sono poco più della metà di quelli italiani: nella terra di Machu Picchu vivono 31 milioni di persone.

Anche se il tasso di alfabetizzazione del Paese ammonta al 94,4%, solo 38 peruviani su 100 possono permettersi di studiare fino all’ultimo anno della scuola secondaria.

Il sistema educativo peruviano, infatti, risente dell’enorme divario socioeconomico del Paese, in cui il ceto medio non esiste e il popolo è spaccato in due, fra ricchi e poveri. Uno scisma visibile a occhio nudo: a Lima, la capitale, già negli anni Ottanta fu innalzato un muro – ribattezzato el muro de la verguenza, cioè il "muro della vergogna" – oggi lungo 10 km e alto 3 metri, per separare i quartieri lussuosi della città da quelli tappezzati dalle baraccopoli.

La polarizzazione si riflette nel sistema scolastico, in cui la scissione fra scuole pubbliche e scuole private è netta.

L’istruzione offerta dallo Stato è scarsa e diventa appannaggio della popolazione più povera, che spesso è costretta ad abbandonare i libri per dedicarsi al lavoro. Totalmente diverso è il livello scolastico nelle famiglie più abbienti del Perù – in genere di imprenditori o figure istituzionali – che iscrivono i figli a scuole private, pagando rette salate, chiamate pensioni, per garantire un’ottima preparazione ai piccoli di casa.

Istruzione

In realtà, come sancisce l’articolo 17 della Costituzione peruviana, nel Paese andino l’istruzione di base è obbligatoria e prevede:

  • Un anno di scuola dell’infanzia (a 5 anni di età)
  • Sei anni di scuola elementare (dai 6 agli 11 anni)
  • Due anni di scuola secondaria inferiore, che potremmo paragonare alle nostre medie (dagli 11 ai 14 anni)

In totale sono nove anni di lezioni garantite per legge, uno in meno rispetto all’Italia, in cui gli anni di studio obbligatori sono dieci. Dopodiché, la palla torna allo studente, chiamato a decidere – più o meno volontariamente, in base alle esigenze della famiglia – se proseguire gli studi fino ai 17 anni, o se interromperli a 14.

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Una volta concluse le superiori, solo un’élite di giovani frequenta l’università, trasferendosi a Lima oppure tentando la sorte in una delle più prestigiose università americane o europee.

Prima delle scuole dell’obbligo, esistono delle strutture aperte ai più piccoli:

  • Cunas per i bambini con meno di 3 anni
  • Scuole dell'infanzia per i bambini dai 3 ai 6 anni (il cui ultimo anno è obbligatorio)

Scuola pubblica

Nonostante il diritto allo studio sia regolamentato per legge, il numero di ragazzini in età scolare che non frequentano la scuola si aggira sui 47mila, la gran parte dei quali vive nelle zone rurali del Paese. Chi nelle comunità indigene ha la fortuna di studiare è costretto a percorrere fino a 2-3 ore di strada a piedi al giorno per raggiungere la scuola. Per questo motivo, gruppi di volontari e associazioni collaborano con enti benefici per raccogliere fondi da destinare alla costruzione di scuole nelle aree più isolate del Perù.

Non tutti gli studenti peruviani di 9 anni che frequentano la pubblica sono in grado di scrivere il proprio nome o di eseguire addizione e sottrazione

Quella che ricevono sui banchi è un’istruzione scadente: un bambino peruviano di 9 anni iscritto alla pubblica non è detto che sia in grado di scrivere il proprio nome, né di eseguire delle operazioni basiche di matematica.

In più, le ore di studio sono la metà di quelle previste negli istituti privati: la scuola pubblica funziona su due turni, uno mattutino e uno pomeridiano, di quattro ore circa l’uno, mentre quella privata inizia alle 7 del mattino, e include una serie di attività – dallo sport, alle lezioni di lingue – che non terminano prima del tardo pomeriggio.

Scuola in Huacaraico Perù

Durante la pandemia le scuole hanno chiuso i battenti per due anni, a eccezione di quelle che sorgevano negli angoli più remoti del Paese, in cui la probabilità di contagio era minima.

Durante la pandemia lezioni via tv e via radio 

Per tamponare la lunga sospensione dell’istruzione di base, nel marzo 2020 il Ministero dell’Istruzione, in collaborazione con organizzazioni come Unicef, aveva lanciato l’iniziativa "Imparo a casa", con la messa in onda di lezioni tematiche sui canali televisivi e radiofonici nazionali. Una strategia educativa che si è scontrata con l’arretratezza tecnologica del Perù: degli oltre 7,5 milioni di studenti peruviani, più di 1,3 milioni vivono fuori da Lima, dove meno del 5% della popolazione ha accesso a Internet.

Violenza domestica

Il diritto allo studio non è l’unico leso. I bambini meno fortunati sono esposti a dinamiche sociali e familiari infelici, subendo abusi e maltrattamenti fra le mura domestiche. Nel 2016 l’Unicef ha pubblicato la ricerca Understanding Children’s Experiences of Violence in Peru: Evidence from Young Lives, dalla quale è emerso che i bambini peruviani che vivono nelle aree rurali del Paese sono responsabili dei loro doveri scolastici tanto quanto delle faccende di casa e dei compiti legati al sostentamento della famiglia, come allevare gli animali e coltivare i campi, pena violenze corporali, schiaffi e botte.

La violenza come strumento educativo

Del resto, in Perù la violenza è adottata come uno strumento educativo indispensabile per educare i più piccoli, ed è giustificata come tale sia dai genitori che dai figli, tanto che è ammessa perfino fra i banchi di scuola.

Non di rado gli insegnanti delle scuole pubbliche ricorrono alle mani per punire gli studenti negligenti. Un approccio educativo lontano da quello riservato ai figli dei peruviani benestanti, che vivono come in una bolla di cristallo, all’oscuro delle brutalità della realtà esterna.

Scuola privata

I figli delle famiglie più ricche crescono nei quartieri più esclusivi di Lima, lontani dalla criminalità che scorre nei rioni fuori dal muro della vergogna. Nonostante la capitale sia una metropoli gigantesca, che ospita 11 milioni di abitanti (un terzo dell’intera popolazione del Perù), la vita dei giovani rampolli prosegue indisturbata in quelle quattro strade sicure e protette del loro quartiere residenziale, divisi fra casa, scuola, centro commerciale e club sociali (dei circoli a pagamento frequentati dalle famiglie più facoltose).

Quando viaggiano, escono dai confini nazionali, volando negli Stati Uniti, sotto il sole di Miami, in Europa o a Dubai. I genitori, rivestendo cariche istituzionali importanti o ruoli imprenditoriali di alto livello, in genere sono assenti durante la giornata, e affidano l’educazione familiare alle tate e ai domestici, almeno per le poche ore in cui i bambini non sono a scuola.

La scuola privata, infatti, occupa gran parte della giornata dei piccoli: intorno alle tre del pomeriggio, quando i giovani studenti chiudono i libri, iniziano le attività ricreative. L’istituto scolastico è attrezzato con campi sportivi, piscine, teatri, laboratori di arte, scuole di danza. Un'offerta ricreativa ricca, che costa ai genitori peruviani fino a 3.000-4.000 soles (circa 700-900 euro) al mese.

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La scuola privata in Perù è letteralmente murata e presidiata da guardie

È una sorta di cittadina a misura di studente, letteralmente murata. Sì, perché in Perù le scuole, così come gli edifici istituzionali, sono impenetrabili dall’esterno, da fuori non si vede quel che accade fra le mura, tanto che le porte d’ingresso sono presidiate da una coppia di guardie. Una strategia adottata come deterrente dopo gli episodi di terrorismo che si sono verificati nel Paese, e perfettamente in linea con il modo di essere del cittadino peruviano medio: riservato, chiuso e diffidente.

Oltre allo spagnolo, che è la lingua ufficiale in Perù, i ragazzi studiano la matematica, l’inglese, la storia, ma anche materie sui generis, come lo sviluppo personale e le scienze sociali. L’obiettivo di queste discipline è aiutare lo studente a ragionare, sviluppando un forte senso critico sulla società che lo circonda.

Per le famiglie peruviane, l’Europa e gli Stati Uniti sono l’Eden. Gli statunitensi e gli europei che arrivano in Perù sono guardati con ammirazione dai nativi, che, se ne hanno le possibilità, iscrivono i figli alle scuole biculturali (franco-peruviane, italo-peruviane, eccetera). Una scelta di prestigio, che permette a chi le frequenta di conseguire un diploma valido al di fuori dei confini dello Stato e di accedere, così, alle migliori università al mondo.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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