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22 Marzo 2023
15:30

Vietato licenziare i neopapà: le nuove misure a sostegno della paternità

Grazie alle modifiche al Testo Unico di Tutela e Sostegno della Maternità e Paternità introdotte lo scorso 30 giugno, i neopapà non possono essere licenziati fino al compimento di un anno del figlio e possono rassegnare le dimissioni volontarie senza preavviso e con diritto alla Naspi. A chiarirlo è una circolare dell'Inps.

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Vietato licenziare i neopapà: le nuove misure a sostegno della paternità
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Un papà con un figlio appena nato ha il diritto di non essere licenziato fino al primo anno di vita del piccolo e di dimettersi senza preavviso, con ricorso alla Naspi. Misure incoraggianti per i neopapà, già in vigore dallo scorso agosto e che l’Inps ha chiarito in una circolare diffusa lunedì. Le novità, introdotte ufficialmente nell’estate 2022, derivano dal Testo Unico di Tutela e Sostegno della Maternità e Paternità e contribuiscono al sostegno della paternità, quel rapporto di parentela che negli ultimi anni è rivendicato sempre di più dalle quote blu anche sul posto di lavoro.

I papà nell’ultimo decennio sono cambiati e, di anno in anno, hanno conquistato uno spazio più ampio nella cura genitoriale, della casa e della famiglia. Quelli del nostro millennio sono papà che vogliono e chiedono di essere presenti nella vita del figlio. Esigenze che richiedono delle misure politiche e assistenziali adeguate.

Dimissioni con Naspi e divieto di licenziamento: cosa cambia

Nelle modifiche al Testo Unico approvate dal decreto legislativo 105 del 2022, sotto il Governo Draghi, sono state introdotte varie novità in tema di genitorialità, fra cui l’estensione del congedo di paternità a dieci giorni obbligatori (20 in caso di parto plurimo). Hanno subìto cambiamenti pure gli articoli 54 e 55 che regolano il divieto di licenziamento e il diritto di dimissioni dei lavoratori madri e padri durante il periodo di maternità e paternità.

Nello specifico, il lavoratore padre che ha fruito del congedo di paternità obbligatorio e/o del congedo di paternità alternativo ha le carte in regola per fruire della Naspi in caso in cui rassegnasse le dimissioni fino ai 12 mesi del figlio, lasso di tempo in cui vige il divieto di licenziamento da parte del datore di lavoro.

In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui agli articoli 27-bis e 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino (Inps)

Prima di allora, il divieto di licenziamento fino al primo anno di vita del neonato e il diritto a ricevere la Naspi in caso di dimissioni era garantito solo alle madri e ai papà single, cioè a quei padri che fruivano del congedo di paternità alternativo, utilizzabile «in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre». Con le novità del 2022, invece, sono inclusi anche i papà che godono del congedo tradizionale. Le misure, peraltro, hanno effetto retroattivo: le domande di Naspi presentate senza successo dai neopapà, potrebbero essere riesaminate dall’Inps.

I papà di oggi vogliono godersi la paternità

Lo squilibrio di genere dentro e fuori le mura di casa persiste, tuttavia è innegabile che ci sia una propensione verso un riequilibrio domestico. I papà vogliono godersi la paternità, occupandosi non solo della carriera, ma pure dei figli. Come evidenzia l’ultima analisi di Save The Children, se nel 2013, a un anno dall’introduzione in Italia del congedo di paternità (che allora prevedeva un solo giorno di congedo obbligatorio e due facoltativi), è stato appena il 19,23% a richiederlo, nel 2021 più della metà dei lavoratori uomini (il 57,60%) lo hanno chiesto e ottenuto non appena hanno appeso il fiocco blu o rosa sulla porta di casa.

In un anno il 43,9% dei papà in più ha riscontrato difficoltà nella conciliazione fra vita in famiglia e professionale

L’Italia continua a dimostrare carenze innegabili nel sostegno alla genitorialità. Urgono politiche di rafforzamento dei servizi dell’infanzia e disposizioni che contribuiscano a migliorare la conciliazione fra vita domestica e professionale, che risulta difficile non solo per le mamme, ma pure per i papà. Nel 2021 sono stati 1.158 i padri che hanno rassegnato le dimissioni per le difficoltà incontrate nella gestione della vita familiare, incompatibile con quella in ufficio. Una quota nettamente inferiore rispetto a quella delle mamme (30.361), ma che comunque esiste e che è in sensibile aumento rispetto al passato. Come precisa Save The Children, in un anno, dal 2020 al 2021, quasi la metà dei papà ha espresso l’esigenza di un aiuto esterno per abbinare alla professione il tempo con i più piccoli.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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