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23 Agosto 2023
18:00

L’assenza di privacy è la giusta risposta al fallimento educativo?

Dopo i tragici fatti di Palermo, in un video diventato virale su Facebook un'insegnante siciliana ha esortato i genitori a controllare social e cellulari dei figli per imparare a conoscerli a fondo. Ma siamo davvero sicuri che la totale assenza di privacy sia un efficace strumento educativo per trasmettere i giusti valori etici e morali ai nostri ragazzi? Ne abbiamo parlato con il pedagogista Luca Frusciello.

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L’assenza di privacy è la giusta risposta al fallimento educativo?
In collaborazione con il Dott. Luca Frusciello
Pedagogista
privacy e fallimento educazione (stupro palermo)

Se la violenza sessuale rappresenta di per sé un crimine orrendo e stigmatizzato da pressoché ogni codice etico o morale, tragedie come lo stupro di gruppo avvenuto lo scorso luglio a Palermo rappresentano casi di cronaca talmente efferati da riuscire a mettere in discussione le fondamenta stessa della società in cui stiamo vivendo.

Come hanno potuto sette ragazzi poco più che adolescenti (uno di loro era addirittura minorenne al momento del fatto) abusare in modo così selvaggio di una ragazza che, stando alle prove raccolte finora dagli inquirenti, piangeva e implorava disperatamente di smettere con quella sevizia?

Com'è possibile che dei figli cresciuti in famiglie apparentemente normali e ordinarie abbiano potuto squarciare con tanta brutalità e indifferenza la dignità di un altro essere umano, nonché la sacralità del suo corpo?

Molti hanno immediatamente puntato il dito sulla deriva di un sistema educativo che sembra aver completamente fallito nel proprio compito.

È di questo avviso ad esempio Giovanna Corrao, l'insegnante recentemente diventata virale grazie ad un lungo e accorato video nel quale denuncia senza mezzi termini il fallimento dei genitori italiani nel crescere i propri figli, soffermandosi in particolare sulla passività e l'inoperosità delle mamme e dei papà moderni nell'operare un efficace controllo dei loro ragazzi.

«I vostri figli li dovete controllare – si è sfogata la docente – il bambino e l'adolescente non devono avere privacy perché siamo noi i responsabili dei nostri figli. A casa quando siamo genitori e a scuola quando siamo collaboratori e insegnanti»

Parole forti, parole che hanno imposto tutti noi ad una seria riflessione sulla direzione presa dal progetto genitoriale di questi ultimi decenni.

La privacy è un ostacolo all'educazione?

Si fa fatica a non condividere tutta l'indignazione e la frustrazione di una professoressa che, evidentemente, si è trovata troppo spesso a dover affrontare situazioni al limite  genitori poco attenti, se non addirittura svogliati nel loro ruolo educativo.

Ma è proprio con un maggiore controllo su ogni aspetto della quotidianità dei nostri figli che riusciremo a salvarli?

«Il commento della prof è accalorato e appassionato, oltre che molto giusto, se intendiamo l'intento provocatorio di denunciare la crisi del nostro sistema educativo – afferma Luca Frusciello, pedagogista e membro del Comitato socio scientifico di Wamily al quale ci siamo rivolti per un parere esperto sulla questione – È bene però non fare confusione mettendo ad esempio bambini e adolescenti nello stesso calderone: sono due età completamente diverse e anche il controllo genitoriale che le riguarda è differente».

Un bambino, ci spiega il pedagogista, vive all'interno di sistemi controllanti come la famiglia, la scuola, l'oratorio o la stessa squadra sportiva dove è sempre presente un adulto che funge da punto di riferimento. Qui la privacy viene meno, – così come l'esigenza di avere un cellulare – ed è naturale che sia così. Per questa età non ha ragione di esistere.

Per un adolescente però le cose cambiano. Se all’interno dei sistemi controllanti si è riusciti ad insegnare ai piccoli ad essere responsabile delle proprie azioni, quando il bambino cresce quello della privacy diventa un tema evolutivo irrinunciabile.

«È necessario che i ragazzi abbiano della privacy, altrimenti non avrebbero lo spazio per fare le loro "cazzate", quelle che fanno crescere. Perché un conto è commettere un reato, un conto è fare una ragazzata  – spiega Frusciello – Se un genitore ha veicolato i giusti valori del vivere in comunità e con sé stessi, le marachelle rimarranno la bigiata a scuola o la sigaretta fumata di nascosto: sarà il ragazzo stesso a porsi dei limiti».

È giusto dunque lasciare l’opportunità di sbagliare. Senza parlare poi del fatto che il controllo genitoriale esercitabile in ambiti come la vita in Rete rimane molto limitato. I blocchi, i divieti, le restrizioni possono essere facilmente aggirate.

Grande Fratello? No, grandi genitori

Il punto quindi non è il controllo, ma il trasmettere ai figli valori sani e lasciare loro l’opportunità di sbagliare con la serenità (o la speranza) che gli errori commessi non potranno mai oltrepassare un certo confine.

Anche perché, come sottolinea lo stesso Frusciello, la sorveglianza che un genitore può esercitare in ambiti come la vita in Rete rimane molto limitata visto che le restrizioni e i blocchi sono ostacoli che possono essere facilmente aggirati.

Cosa può fare dunque una madre o un padre per assicurarsi di trasmettere ai figli i giusti valori? Prima di tutto serve dare l'esempio.

«Il bambino vede il funzionamento del mondo attraverso noi adulti e il modo in cui ci comportiamo – continua il pedagogista – Se io imparo da piccolo che il mondo è a dominazione maschile, dove l’impeto e la violenza fisica ottengono risultati laddove non ci sono altri strumenti per risolvere un proprio desiderio, e vedo che la prevaricazione si rivela una strategia vincente, allora anche io da ragazzo agirò in questo modo, raggirando le norme sociali».

E quando questo avviene, la repressione non serve a nulla, perché limitandosi a soffocare gli spazi d'azione dell'adolescente non si compie alcun lavoro per favorirne la crescita.

Parlare, non reprimere

Un altro elemento imprescindibile è poi ovviamente la disponibilità a parlare e comunicare con i ragazzi, come sottolineato anche dalla stessa Corrao in un successivo passaggio del suo sfogo, e anche la sessualità non deve essere esclusa dal discorso.

«È importantissimo parlarne da bambini a casa e a scuola per trasmettere l’ABC delle emozioni, dei sentimenti, degli affetti e, infine, della stessa sessualità. Anche qui però è decisiva la base che si pone sul discorso educativo, il lavoro compiuto per plasmare la coscienza dei piccoli».

Servono dunque punti di riferimento sani, consapevoli e che trasmettano valori. E questo non per essere tutti uguali e omologati, ma per avere un substrato comune di principi che ci permettano la convivenza civile.

«Smettiamola di pensare che l’unico strumento educativo sia il controllo e la repressione: questo funzionava 40 anni fa. Un tempo gli adulti prima erano un’autorità granitica e riconoscibile, oggi sono figure molto più “liquide” e non esiste più un sistema di riferimento solido nel quale i ragazzi possano identificarsi. Ecco perché spesso non sanno come orientarsi e, sempre più spesso, rimangono ragazzi per sempre, senza crescere, senza maturare».

Insomma, conclude Frusciello, è del tutto normale gridare al fallimento, soprattutto se sei un insegnante che ne vede ogni giorno di tutti i colori. Lei stessa però afferma di essere in prima linea, si mette a disposizione per il cambiamento e questo conta molto.

Uno sbaglio da non commettere però è quello di generalizzare: siamo 60 milioni di abitanti in Italia e basarsi su degli episodi – per quanto orrendi – per sintetizzare un intero atteggiamento culturale rischia di alimentare un bias costruito su esperienze soggettive, quindi individuali.

Se diciamo che tutti i genitori sono stanchi e non conoscono i loro figli stiamo dando agli italiani una cultura di appartenenza che non corrisponde alla realtà ma verso la quale vengono sospinti a tendere. E questo sarebbe un errore madornale.

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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